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Cronaca Orta di Atella

"Il negozio deve essere abbattuto". Sentenza arriva dopo 22 anni

Il Consiglio di Stato ha espresso il giudizio definitivo su un immobile 'nato' nel 2000

Dopo ben 22 anni è arrivata la sentenza definitiva: il Consiglio di Stato si è espresso sul ricorso della famiglia D’Ambrosio contro il Comune di Orta di Atella. I ricorrenti avevano chiesto di ‘rivedere’ un provvedimento del 2009 col quale l’Ente disponeva l’annullamento in autotutela di una concessione edilizia addirittura del 2000 (quindi 9 anni dopo il primo provvedimento) e tutte le successive varianti relative ad un fabbricato ad uso commerciale costituito da un piano cantinato, un piano terra, un primo piano e un piano sottotetto.

Già il Tar della Campania aveva respinto il ricorso e adesso è arrivata anche la decisione definitiva del Consiglio di Stato. In poche parole l’immobile di via Astragata dovrà essere demolito. Adesso è anche ufficiale. Nel caso di specie, ad avviso del TAR, non ricorrerebbe nessuna delle ipotesi contemplata dalla norma citata, in quanto i precedenti titoli edilizi non sono stati annullati per vizi formali procedimentali ed i ricorrenti non hanno dimostrato l’impossibilità di procedere alla riduzione in pristino. In particolare i ricorrenti non avrebbero assolto all’onere, sugli stessi gravante, di allegare elementi idonei ad “accreditare come verosimile la dedotta situazione di oggettiva impossibilità di una riduzione in pristino”.

Il Comune, dunque, avrebbe operato legittimamente ordinando la demolizione del manufatto abusivo. Ad avviso del Tar, inoltre, l’ordinanza di demolizione non avrebbe dovuto contenere una dettagliata motivazione volta a giustificare la scelta di procedere con la riduzione in pristino, né avrebbe dovuto essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, in quanto la riduzione in pristino costituisce una conseguenza automatica dell’annullamento d’ufficio del titolo edilizio che può essere evitata solo in via eccezionale, qualora ricorrano solamente alcuni presupposti. Secondo gli appellanti invece al di là della demolizione si potrebbe anche ‘risolvere’ con la rimozione dei vizi delle procedure, l’irrogazione della sanzione pecuniaria o la riduzione in pristino.

Per il Consiglio di Stato invece il ricorso non è fondato. In questo caso “non risulta che il permesso di costruire in possesso degli appellanti sia stato annullato per vizi formali o procedurali; l’annullamento, al contrario, è dipeso dalla mancanza di un piano di lottizzazione per l’area di proprietà degli appellanti nonché dall’assenza delle necessarie opere di urbanizzazione. Non sussiste neanche il requisito della comprovata l’impossibilità di riduzione in pristino, posto che l’ordinanza di demolizione riguarda l’intero immobile abusivo e pertanto non è possibile ipotizzare danni per le parti di edificio legittimamente costruite, né sono emersi ulteriori impedimenti tecnici”.

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