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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Carinola

La Cleprin 'bocciata' dal Tar: "Abusi da demolire e sospensione dell'attività"

Respinto quasi integralmente il ricorso degli imprenditori che hanno denunciato di aver subito estorsioni

La battaglia giudiziaria tra la Cleprin ed il Comune di Carinola vede soccombere gli imprenditori Antonio Picascia e Franco Beneduce, saliti alla ribalta delle cronache dopo essere stati vittima di episodi di estorsione da loro stessi denunciati. La parte produttiva dell’azienda, che produce detergenti ad uso industriale, fu trasferita a Carinola dopo l’incendio (doloso) che distrusse la sede di Sessa Aurunca nel luglio 2015. Ma nella nuova area (acquisita ad un’asta giudiziaria) sono state riscontrate irregolarità urbanistiche che hanno spinto il dirigente dell’ufficio comunale di Carinola ad emettere le ordinanze di abbattimento delle opere abusive ed anche di sospensione dell’attività. 

Il provvedimento è stato impugnato dalla Cleprin srl, tramite l’avvocato Vincenzo Capuano, davanti al Tar Campania che proprio in questi giorni ha emesso una “sentenza non definitiva” (non c’è stata ancora la definizione delle spese) con le quali annulla l’ordinanza di demolizioni per le opere coperte da condono, ma conferma integralmente, nel resto, gli atti amministrativi adottati nel complesso immobiliare, tra cui anche il divieto di prosecuzione dell’attività imprenditoriale.

Relativamente proprio a quest’ultimo provvedimento “con il quale il Comune di Carinola ha disposto la sospensione immediata dell’attività produttiva svolta dalla ricorrente - scrivono i giudici della Ottava Sezione del Tar Campania (presidente Francesco Gualdieri) - risulta infondata, in primis, la censura secondo cui il provvedimento sarebbe affetto da nullità per omessa indicazione del suo destinatario. L’atto è, infatti, indirizzato alla Cleprin s.r.l. ed è stato correttamente notificato a Francesco Beneduce, il suo legale rappresentante, indicato come “responsabile dell’abuso”. In coerenza con il contenuto e la finalità dell’atto, è agevole argomentare che l’ “abuso” cui il Comune fa riferimento non sia un abuso edilizio ma consista nell’esercizio sine titulo di una attività produttiva. Ciò di cui, ovviamente, non può che rispondere il legale rappresentante della società che svolge l’attività imprenditoriale, indipendentemente dal fatto che coincida con il responsabile del (sottostante) abuso edilizio. Neppure è condivisibile l’assunto in base al quale l’attività produttiva sarebbe, per converso, legittimamente svolta sulla scorta della s.c.i.a. per l’inizio dell’attività produttiva presentata il 13/4/2017. Ed invero, in data 29/5/17 (e, dunque, prima dello spirare del termine di 60 giorni dalla presentazione della segnalazione, ex art. 19 co. 3 l. 241/90) il Comune aveva chiesto alla ricorrente di integrare la s.c.i.a. (tra l’altro) con il certificato di agibilità, comunicandole poi che, stante l’omessa integrazione, l’istanza era “sospesa”. Ad onta della terminologia utilizzata, non c’è dubbio che attraverso tale nota il Comune abbia comunicato alla ricorrente che la segnalazione non potesse produrre alcun effetto, di talché la prosecuzione dell’attività era da considerarsi inibita. La carenza del certificato di agibilità costituisce, peraltro, ragione ostativa insuperabile rispetto alla quale non si vede come la parte ricorrente avrebbe potuto utilmente contraddire in sede procedimentale. D’altro canto, sul versante puramente fattuale, non può non evidenziarsi che Cleprin non ha fornito alcuna prova della agibilità dei locali in cui ha continuato a svolgere l’attività imprenditoriale”.

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