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I latitanti scambiati tra Italia e Romania: erano ricercati per una maxi inchiesta

Sono in totale 26 i latitanti arrestati che Italia e Romania si sono scambiati. L'operazione, condotta dal Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia (Scip) della Direzione Centrale della Polizia Criminale, guidata dal Prefetto Vittorio Rizzi, sottolinea la stretta collaborazione operativa tra le polizie dei vari Paesi, in questo caso con i collaterali rumeni, per un'Europa più sicura. 

Con un volo charter Roma-Bucarest partito giovedì mattina all'alba da Fiumicino, sono stati consegnati alle autorità romene 11 uomini e due donne, già detenuti in Italia, con curriculum criminali che annoverano furti, rapine, sfruttamento della prostituzione e violenze sessuali, e che sconteranno il resto delle loro pene detentive nelle carceri rumene. Tratta inversa, Bucarest-Milano Malpensa, invece, per altrettanti ex latitanti, 10 uomini e 3 donne, ricercati dalla giustizia italiana, arrestati in Romania dove si erano rifugiati nel tentativo di sfuggire ai mandati d'arresto europei emessi da nove Procure nazionali (Brescia, Genova, Modena, Padova, Pistoia, Reggio Calabria, Spoleto, Torino e Trento), anch'essi con profili criminali di tutto rispetto che riguardano i reati contro il patrimonio e la violenza sessuale, l'istigazione e il favoreggiamento della prostituzione, la riduzione in schiavitù, i maltrattamenti, le truffe informatiche e il riciclaggio. 

Tra questi, come riporta l’AdnKronos, ci sono anche Florin Ungureanu, 52 anni, Daniela Ungureanu, 49 anni, Ion Ispas, 37 anni, e Iuliana Estera Grec, 25 anni, tutti e quattro rumeni, sono stati colpiti da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Genova, per associazione per delinquere finalizzata al compimento di truffe informatiche e riciclaggio, tutti indagati nei mesi scorsi dalla Polizia Postale del capoluogo ligure nel corso di un'operazione a contrasto delle truffe informatiche; i quattro facevano parte di una più ampia rete di truffatori composta da una dozzina di soggetti, tra cui un criminale di spicco già appartenente al famigerato clan dei Casalesi, che effettuava finte vendite di prodotti su falsi siti di e-commerce, con un giro d'affari di circa venti milioni di euro l'anno. Il denaro, una volta prelevato in contanti dal conto corrente di accredito su cui gli ignari acquirenti effettuavano i pagamenti, per prodotti mai ricevuti, veniva portato in Romania con un furgone per essere poi riciclato in Italia e all'estero sotto forma di acquisizioni immobiliari.

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