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Cronaca San Marcellino

Una rapina in stile ‘Casa di Carta’: il cambio dei cellulari ha fatto scattare il blitz

Ognuno aveva il suo ruolo: tute bianche per rendersi irriconoscibili. Il procuratore Milita: “Erano pronti per coprirsi la fuga. Fermarli durante il colpo sarebbe stato pericoloso”

Un colpo pianificato nei minimi dettagli. Poi il lockdown, che ha fermato anche alcune attività criminali, ha fatto slittare il tutto. Il nuovo giorno "X" era previsto per oggi: due banditi armati con delle pistole avrebbero fatto irruzione nell'ufficio postale di San Marcellino, in Corso Italia, intorno alle 8,30, dopo l'arrivo del portavalori che avrebbe consegnato le pensioni di luglio.

La banda come la "Casa di Carta" 

E' il retroscena dell'operazione che ieri ha portato ad un provvedimento di fermo a carico di sei rapinatori, tutti residenti nel napoletano, che voleva mettere a segno un colpo in stile "Casa di Carta". Una banda di specialisti, come l'hanno definita nel corso della conferenza stampa indetta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, di cui era capo Franco Pontone, 57 anni di Sant'Antimo e residente a Castel Volturno. Era lui la mente, il "professore". Gli altri del gruppo lo avevano ribattezzato il "Maradona delle fogne". Un soprannome conquistato sul campo. Nel 2011, sempre attraverso le fognature, aveva svaligiato una gioielleria a Capua, nella centralissima via Duomo. 

Reclutato anche un incensurato

Poi c'erano gli altri: Francesco De Spirito di 56 anni; Costantino Pietroluongo, di 56 anni; Pasquale Pietroluongo, di 37 anni; Carmine Ruggiero, di 37 anni; Fabio Puca, di 41 anni, quest'ultimo sconosciuto alle forze di polizia. Avevano fittato un appartamento a breve distanza dall'ufficio postale. Da lì la banda aveva scavato un piccolo tunnel che li avrebbe condotti alle fogne da cui avrebbero fatto irruzione nelle Poste dove avevano intenzione di sequestrare utenti e dipendenti chiudendoli nei bagni. 

Il blitz

Ad ascoltare i piani della banda, però, c'erano gli agenti della Squadra Mobile della polizia di Caserta, guidata dal vicequestore aggiunto Davide Corazzini e dal dottor Michele Pota, ed i carabinieri della Compagnia di Caserta, guidata dal maggiore Andrea Cinus e dal capitano Augusto Petrocchi. Ieri il segnale. I componenti della banda si erano disfatti dei telefoni cellulari procurandosene degli altri atti allo scopo. A quel punto è stata disposta l'irruzione che ha portato al fermo dei sei indagati, che dovrà essere convalidato dal tribunale di Napoli Nord.

Sequestrata una pistola

Nel corso della perquisizione le forze dell'ordine hanno rinvenuto anche l'arma che sarebbe stata utilizzata per farsi consegnare i soldi. Una pistola a salve modificata e pronta anche a sparare. Trovate anche 4 cartucce. "Sarebbe stato arduo coglierli sul fatto senza rischi per le persone - ha detto il procuratore aggiunto Alessandro Milita che ha illustrato i dettagli dell'operazione insieme al Procuratore Capo Maria Antonietta Troncone - Inoltre, sarebbe stato difficile prenderli dopo il colpo. I canali fognari sono diversi e la banda avrebbe provveduto ad ostruire il passaggio di alcuni di questi per coprirsi la fuga". 

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Il fondo cassa comune e la ripartizione dei proventi

Nel corso della fase preparatoria, inoltre, il gruppo di malviventi - ai quali è contestata l'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine - aveva allestito una cassa comune per far fronte alle spese: veicoli per la fuga, strumenti per scavare cunicoli, tute, cellulari e radio. La ripartizione dei proventi della rapina sarebbe stata paritaria: ciascuno dei componenti, secondo le proprie competenze, aveva offerto il proprio contributo. Ma tutti sono stati acciuffati prima di entrare in azione. Nessuno, come confermano le forze di polizia, è scappato.

Le rapine a Caserta

Il modus operandi della banda del buco era molto simile a quello adottato nel corso delle due rapine alle Poste di corso Giannone, a dicembre e gennaio. Possibile che possa trattarsi della stessa banda anche se al momento i due colpi non sono contestati agli indagati. In tal senso "sono in corso accertamenti", ha confermato il Procuratore Troncone. Insomma, cercare indizi, prove. Fatti, non teorie. Questa la direzione in cui si stanno muovendo gli organi inquirenti. 

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