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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Mondragone

Processo ai caporali, il giudice si dichiara incompatibile

Fascicolo nelle mani del presidente del tribunale per l'assegnazione ad un nuovo collegio

Il processo ai caporali mondragonesi si apre con un colpo di scena: il giudice si dichiara incompatibile. Il giudice Sergio Enea - presidente della Prima Sezione Penale (Collegio B) del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - si è dichiarato incompatibile in quanto da Giudice delle Indagini Preliminari ha autorizzato alcuni decreti di intercettazioni a carico degli odierni imputati. Rilevata d'ufficio l'incompatibilità ora tutto il fascicolo passa nelle mani del Presidente del Tribunale sammaritano che dovrà assegnarlo ad un nuovo collegio giudicante. Si torna in aula ai primi di novembre.

Gennaro Bianchino, i fratelli Pasquale e Vincenzo Miraglia, Francesco Pagliaro sono finiti dinanzi al giudice con giudizio immediato in merito al reato di associazione a delinquere dedita allo sfruttamento del lavoro e dell'intermediazione illecita di manodopera. Secondo la ricostruzione dei finanzieri della compagnia di Mondragone e dei carabinieri del reparto territoriale mondragonese, condivisa dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, dal 2017 Gennaro Bianchino legale rappresentante della società a responsabilità limitata 'Sviluppo Agricolo Bianchino' (difeso dall'avvocato Angelo Raucci), i fratelli Pasquale e Vincenzo Miraglia, titolari di omonime ditte nel settore ortofrutticolo nonché Francesco Pagliaro (difesi dall'avvocato Giovanni Lavanga) si sarebbero associati tra di loro nella consapevolezza del contributo fornito da ciascuno dandosi una stabile organizzazione attraverso la quale assumevano ed impiegavano manodopera reclutata e provento dell'attività di intermediazione illecita svolta dai caporali.

I lavoratori sfruttati erano perlopiù donne ed extracomunitari impiegati nei campi dei Comuni di Mondragone, Falciano del Massico, Castel Volturno, Grazzanise e Villa Literno per 6 o 7 ore giornaliere con una retribuzione oraria media che non superava i 4 euro e 50 centesimi. Un bacino di manodopera illegale a basso costo pressoché continuo e di pronta fruizione secondo gli inquirenti attraverso cui la società madre beneficiaria grazie al contributo degli associati è riuscita a realizzare notevoli profitti illeciti nel tempo riducendo di oltre il 200% i  costi complessivi del lavoro e quelli legati alla  sicurezza degli stessi lavoratori.

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