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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

Ucciso per vendetta, condannato il cassiere del clan

La Cassazione respinge il ricorso di Armando Letizia per il delitto di Benito Corvino

L'onore familiare si lava con il sangue. Questo il principio alla base del delitto di Benito Corvino, avvenuto a Marcianise nel 1992, per cui è arrivata la condanna definitiva per Armando Letizia, 66 anni esponente di spicco del clan dei Casalesi ed in particolare ritenuto il cassiere della fazione Bidognetti.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso straordinario con cui era stata impugnata una precedente sentenza della Suprema Corte che aveva confermato l'aggravante della premeditazione ed i motivi abietti non solo della vendetta ma anche della "volontà di affermare la forza punitiva del clan".

Corvino venne ucciso perché negli anni '70 avrebbe armato la moglie di Ferdinando Letizia, fratello di Armando, che uccise il consorte per motivi passionali. Per aver procurato l'arma alla donna Corvino andava punito e Letizia non esitò a chiedere a Francesco Bidognetti di eliminarlo.

Per i giudici della Suprema Corte sembra essere pacifico il fatto che Letizia da tempo avesse maturato propositi di vendetta non perdendo "occasione per chiedere ai membri del clan ed ai suoi vertici la realizzazione di questa sua volontà", scrivono i giudici. E tanto basta per determinare la premeditazione del delitto.

Aspetto più importante quello relativo all'affermazione della forza punitiva del clan, anche alla luce dell'esclusione dell'aggravante camorristica del delitto rientrante comunque in una sfera personale e familiare. "Deve, in proposito, puntualizzarsi che nel giudizio d'appello - le cui conclusioni sono state ineccepibilmente confermate dalla sentenza impugnata - l'aggravante dei motivi abietti è stata plausibilmente ravvisata non solo nel proposito vendicativo del singolo componente del gruppo camorristico, ma anche nella volontà di riaffermare, attraverso l'uccisione di Corvino, la forza punitiva dell'organizzazione, capace di agire in modo inesorabile anche a distanza di molti anni", si legge nella sentenza.

Il ricorso pertanto è stato rigettato.

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