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Cronaca Carinaro

Pentiti non credibili, in 2 assolti per l'omicidio di camorra

Di Martino e Lanzetta assolti anche in Appello. Dichiarazioni discordanti dei collaboratori

Assoluzione bis per Nicola Di Martino e Carmine Lanzetta, accusati dell'omicidio di Salvatore Ricciardi, ucciso dalla camorra nel 2010 e trovato semicarbonizzato nelle campagne di Carinaro.

La Quinta sezione della Corte di Assise d'Appello di Napoli ha confermato la formula assolutoria nei confronti dei due imputati dopo quella in primo grado della Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere risalente al 2017.

Il processo bis si è svolto dopo che la Corte di Cassazione aveva accolto il ricorso presentato dalla Procura dopo che la Corte d'Appello di Napoli aveva dichiarato inammissibile, per tardività, il ricorso contro l'assoluzione in primo grado. Per gli ermellini, i giudici partenopei avrebbero fatto decorrere i 45 giorni per presentare il ricorso dalla data di comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza da parte dei giudici sammaritani, il 1° giugno, e non dal giorno successivo. Il termine per presentare ricorso, dunque, sarebbe scaduto il 16 luglio, prorogato al 17 in quanto cadente di domenica. E proprio in quella data il Pubblico Ministero depositò il ricorso, quindi nei termini. La Corte di Cassazione dispose così la trasmissione degli atti alla Corte d'Assise d'Appello di Napoli per la trattazione del processo. 

A seguito del rinnovo dell'istruttoria sono stati escussi i collaboratori Nicola Schiavone, Francesco Barbato e Mario Iavarazzo che hanno riferito“de relato” sull'efferato omicidio ma nessuno era tra i partecipi. Dichiarazioni che sono apparse discordanti così come non hanno trovato riscontro le dichiarazioni di Salvatore Laiso e Angelo Compagnone già escussioni primo grado.

L'unico filo conduttore delle parole dei pentiti è stato il livore per lotte interne con le relative spedizioni punitive per chi non rimpinguasse  più le casse del clan ma non sufficienti a ricondurre l'omicidio di Salvatore Ricciardi a Nicola Di Martino e Carmine Lanzetta.

Secondo la Dda, Ricciardi fu ucciso per un’estorsione a Carinaro, comune controllato da Di Martino, alias "Nicola 23", ritenuto elemento del clan guidato da Nicola Schiavone, figlio primogenito del capoclan Francesco Sandokan, oggi collaboratore di giustizia.

Ricciardi è stato ucciso tra le 20.30 e le 21.30 del 18 marzo 2010, orario in cui il segnale del cellulare di Lanzetta sarebbe stato captato proprio nei pressi del luogo dell’omicidio (circostanza poi smentita durante il processo a Santa Maria Capua Vetere). La corte di Assise di Santa Maria non aveva giudicato attendibili le dichiarazioni di pentiti del clan dei Casalesi, tra cui Salvatore Laiso di Trentola Ducenta, Roberto Vargas e Antonio Iovine, ex boss di San Cipriano d'Aversa, che avevano indicato in Lanzetta e Di Martino i responsabili del delitto. Contraddizioni che hanno continuato ad emergere fino alla seconda assoluzione per Di Martino e Lanzetta. Nel collegio difensivo erano impegnati gli avvocati Carlo De Stavola e Elisabetta Carfora (per Di Martino), Francesco Marco De Martino (per Lanzetta).

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