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Cronaca Teano

Omicidio Mollicone, dall'intercettazione alla super perizia: così la Procura vuole incastrare gli indagati

I magistrati sono convinti di aver un quadro forte per ottenere il rinvio a giudizio. Tutte le tappe dell'inchiesta dopo l'assoluzione di Belli, su cui si era cercato di depistare le indagini

Diciotto anno di indagini, tra tentativi di depistaggio e richieste di archiviazione, fino al punto di svolta, che è, purtroppo, stato concomitante con un'altra grave tragedia, il suicidio dell'unico carabiniere che ha cercato di aiutare realmente a fare luce sulla morte di Serena Mollicone. C'è questo e tanto altro dietro il lavoro della Procura di Cassino che ha chiesto il rinvio a giudizio del maresciallo Franco Mottola di Teano, insieme al figlio, alla moglie ed altri due militari in servizio alla stazione di Arce.

Il depistaggio e le nuove indagini

Dal 2006, anno dell'assoluzione definitiva di Carmine Belli, sono riprese le indagini sull'omicidio di Serena. Nel 2011 il procedimento ha coinvolto la famiglia Mottola ed altri soggetti, le cui posizioni furono poi archiviate dal gip. Sono stati svolti accertamenti tecnici, sia di tipo genetico-biologico, dattiloscopico ed in materia botanica, comprensivi di comparazione tra i profili genetici di centinaia di persone, ma per mancanza di prove certe, la Procura, nel febbraiio 2015, chiese l'archiviazione del procedimento. In seguito all'opposizione dei familiari della vittima, il gup del tribunale di Casssino Angelo Valerio Lanna ha disposto, nel gennaio 2016, il proseguimento delle indagini, indicando quale tema di approfondimento l'ipotesi investigativa dell'omicidio all'interno della stazione dei carabinieri di Arce.

"Serena uccisa in caserma"

Grazie alla rivisitazione approfondita e sistematica di tutti gli atti, la Procura di Cassino ritiene di "aver provato che Serena Mollicone è stata uccisa nella caserma dei carabinieri di Arce, con una spinta contro una porta, data la riscontrata perfetta compatibilità tra le lesioni riportate dalla vittima e la rottura di una porta collocata in caserma; parimenti è stata accertata la perfetta compatibilità tra i microframmenti rinvenuti sul nastr adesivo che avvolgeva il capo della vittima ed il legno della porta, così come con il coperchio di una caldaia della caserma". In questo modo, per la prima volta, sono stati trovati riscontri oggettivi alle dichiarazioni rese nel marzo e nell'aprile 2008 dal brigadiere Santino Tuzi che affermò di aver visto, la mattina del 1 giugno 2001, Serena Mollicone entrare in caserma e di non averla mai vista più uscire.

Il suicidio del brigadiere Tuzi e l'intercettazione ambientale

In seguito alla richiesta di nuove verifiche da parte dei familiari del brigadiere Tuzi è stata disposta nel maggio 2016 la riapertura delle indagini relative alla sua morte, con nuovi accertamneti che hanno evidenziato che il suo suicidio è in stretta relazione con le rivelazioni sull'omicidio Mollicone rese pochissimi giorni prima. In particolare è stata trascritta per la prima volta una conversazione ambientale nella quale il maresciallo Quatrale, presente con lui in caserma la mattina del 1 giugno 2001, lo invitava esplicitamente a ritrattare le precedenti dichiarazioni. Durante i nuovi accertamenti si è proceduto nuovamente all'ascolto di 118 testimoni, molti dei quali "ponderatamente scelti tra i 1137 più volte già sentiti nel corso dei 18 nani di indagine; sono state effettuate rogatorie in Francia, Polonia e Stato del Vativano". Ora toccherà al gup decidere se le prove bastino per far iniziare il processo a carico dei cinque indagati.

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