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Cronaca Mondragone

Freddato con 5 colpi di pistola per il furto di una partita di droga

E' quanto emerge in tribunale dalle dichiarazioni di un affiliato al clan camorristico

Il presunto furto di una partita di droga destinata alla piazza di spaccio mondragonese, l'ordine di gambizzazione proveniente dal 're della piazza' sfociato poi in omicidio. È stato questo il passaggio saliente delle dichiarazioni rese da Achille Pagliuca nel corso dell'udienza celebrata dinanzi alla Corte d'Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta dal giudice Roberto Donatiello con a latere Honoré Dessì, nel processo per l'omicidio di Giovanni Invito, avvenuto il 17 ottobre 2007 a Mondragone, per il quale sono imputati Mario Camasso e Michele Degli Schiavi.

Achille Pagliuca, affiliato al clan Pagliuca-Fragnoli-La Torre, ha chiarito il contenuto di una missiva inviata al Sostituto Procuratore Armando Bosso nel quale esplicava dubbi sull'indicazione del mandante  dell'omicidio di Giovanni Invito fornitagli dallo stesso Michele Degli Schiavi. Secondo la confidenza raccolta Degli Schiavi si 'vantava' di aver ucciso Giovanni Invito insieme a Mario Camasso per conto di Giovanni Bove. Confidenza raccolta nel 2015. Pagliuca però conoscendo personalmente Bove poiché anch'esso affiliato al medesimo clan ha iniziato a nutrire forti dubbi sulla veridicità della dichiarazione dell'imputato poiché "Bove era uno che faceva le cose in prima persona. Difficile che avrebbe delegato una cosa così delicata (la commissione di un omicidio) a terze persone".

Un dubbio che il testimone detenuto presso la casa circondariale di Ferrara avrebbe indicato poi nella missiva del febbraio scorso indirizzata all'Ufficio della Procura sammaritana esplicando i suoi dubbi su un certo Nino Fiorillo detentore all'epoca della piazza di spaccio mondragonese e per il quale 'lavoravano' gli imputati come spacciatori. Dagli ambienti della malavita mondragonese Pagliuca apprese di uno screzio tra la vittima e Fiorillo per una presunta partita di droga rubata. Screzio a cui fece seguito il pestaggio dei presumibili autori del furto tra cui Giovanni Invito.

Un segnale di supremazia a cui volle far seguito un ordine di gambizzazione nei confronti di Giovanni Invito eseguito dai due imputati sfociato poi in omicidio. Stando alle dichiarazioni rese dall'ex affiliato alla malavita mondragonese, quindi il movente dell'efferato delitto sarebbe da ricercarsi negli ambienti della droga del Litorale e che l'ipotesi di un 'regolamento di conti' per un torto subito sarebbe quella più acclarata.

Dichiarazioni accompagnate da minacce, secondo quanto riferito dallo stesso teste, apostrofato sui social network come 'traditore' o 'pentito' per la sua presunta 'collaborazione' con la giustizia.

Si torna in aula nel mese di maggio per l'escussione dei collaboratori di giustizia Giovanni Cascarino, Donato Pagliuca, Vincenzo Palombo ed ulteriori testi della Procura.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti si trattò di un omicidio premeditato dove la morte di Giovanni Invito consumatasi il 17 ottobre 2007 in via Duca degli Abruzzi a Mondragone sarebbe stata la conseguenza di un torto subito. Erano le 23 circa del 17 ottobre 2007 quando i due imputati secondo la ricostruzione della Procura a bordo di uno scooter raggiunsero la vittima in via Duca degli Abruzzi e lo freddarono con 5 colpi di arma da fuoco. Nell'immediatezza del delitto le indagini si concentrarono su Camasso e Degli Schiavi individuati come responsabili dell'omicidio ma il procedimento subì una battuta d'arresto per assenza di sufficienti indizi.

Nel 2020 ci fu la riapertura delle indagini ad opera dei carabinieri del Reparto Territoriale di Mondragone esitata con l'arresto nel luglio scorso dei due imputati. Elementi utili alla riapertura sono stati oltre alle dichiarazioni del cugino della vittima Antonio Invito anche del collaboratore di giustizia Giovanni Cascarino che raccontò agli inquirenti di aver appreso direttamente da Mario Camasso poco dopo l'omicidio del suo interessamento nel fatto di sangue. Altro elemento peculiare per la riapertura delle indagini fu una intercettazione in cui Mario Camasso si accordò con una donna poiché gli fornisse un finto alibi.
Nella difesa sono impegnati gli avvocati Francesco Liguori e Nicola Alessandro D'Angelo per gli imputati; Ferdinando Letizia per le costituite parti civili.

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