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Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Ucciso come un boss su ordine della cupola casalese: scarcerato l'unico indagato che era libero

Il racconto dei pentiti non regge al vaglio del Riesame: annullata l'ordinanza per Moronese

Torna libero Agostino Moronese coinvolto nel duplice omicidio di Sebastiano Caterino e Umberto De Falco avvenuto il 31 ottobre del 2003 a Santa Maria Capua Vetere.

E’ quanto stabilito dalla Dodicesima Sezione del Riesame del Tribunale di Napoli in composizione collegiale presieduta dal giudice Paola Russo (giudici a latere Francesco Caramico D'Auria e Maria Gabriella Pepe) accogliendo l'istanza dei legali di Moronese, gli avvocati Paolo Raimondo e Giuseppe Stellato, e disponendo l’annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso in omicidio che aveva raggiunto Agostino Moronese il 30 novembre scorso.

Moronese è stato uno degli otto destinatari dei provvedimenti cautelativi insieme a Michele Zagaria, Francesco Schiavone alias Cicciariello, Giuseppe Caterino, Corrado De Luca, Pasquale Spierto, Claudio Virgilio emessi dal Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia ed eseguiti dai carabinieri del nucleo investigativo di Caserta.

La contestazione mossa dalla Dda partenopea riguarda l'apporto logistico fornito da Agostino Moronese e dalla famiglia al commando di killer che alle 11.40 del 31 ottobre del 2003 in via dei Romani a Santa Maria Capua Vetere crivellò con 50 colpi di arma da fuoco la Volkswagen Golf GTI sulla quale viaggiavano Sebastiano Caterino che ne era il conducente e suo nipote Umberto De Falco, decretandone la morte.  La marcia della vettura con a bordo le vittime venne sbarrata da una prima Alfa 116 dopo averla speronata presumibilmente condotta da Enrico Martinelli. Ciò favorì il sopraggiungere dell'altra Alfa Romeo 166 da cui scese ed entrò in azione il commando  di killer che esplodeva i 50 colpi di arma da fuoco ( 37 proiettili calibro 5,56 e 13 cal 12) all'indirizzo delle vittime. Per Sebastiano Caterino non ci fu scampo: morì crivellato di colpi. Umberto De Falco, invece, rimase gravemente ferito e  morì qualche ora dopo l'attentato in ospedale. Le vetture utilizzate dal commando omicida entrambe provento di furto vennero incendiate ed abbandonate nelle campagne di San Tammaro e Grazzanise.

Il movente dell'azione delittuosa venne individuato dalla DDA di Napoli nel fatto che Sebastiano Caterino nell'estate del 2003 dopo oltre dieci anni di reclusione avvalendosi di un suo gruppo autonomo di cui faceva parte il nipote Umberto De Falco, aveva iniziato a gestire in proprio il traffico di sostanze stupefacenti ed il racket delle estorsioni nel territorio di Santa Maria Capua Vetere provocando così la suscettibilità della fazione del clan dei Casalesi facente capo in quel periodo storico a Francesco Schiavone alias Cicciariello cugino dell'omonimo Francesco Schiavone detto Sandokan all'epoca detenuto a cui già in passato Sebastiano Caterino si era opposto. L'ordine dell'uccisione di Sebastiano Caterino arrivò direttamente dalla 'cupola casalese' secondo quanto venne ricostruito dai pentiti del clan, tra cui Massimo Vitolo, che fornì dettagli anche in merito al contributo di Agostino Moronese per la commissione del duplice omicidio di camorra.

Secondo le dichiarazioni di Vitolo (anch'egli ritenuto 'partecipe' all'omicidio insieme a Franco Bianco, Nicola Panaro, Vincenzo Conte, Vincenzo Schiavone, Carmine Noviello, Antonio Cangiano, Romeo Stabile Aversano, Antonio Monaco, Mario Mauro, Antonio Iovine, Bruno Lanza, Giuseppe Misso) il commando omicida partì da casa di Moronese distante pochi metri dal luogo in cui si consumó l'efferato duplice omicidio. Tale indicazione in merito all'apporto logistico fornito è stata vista dai giudici del Tribunale delle Libertà oscura in più punti e proprio la contraddittorietà degli elementi indiziari a carico di Agostino Moronese fatta emergere dai suoi legali ha fatto propendere i giudici per l'annullamento del provvedimento coercitivo della libertà personale.

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