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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Capua

Strangolato nella cava: 3 condanne. La firma del clan con una pietra in bocca

La Corte di Cassazione ha confermato le pene a 30 anni per Del Vecchio, Verde e Schiavone Petillo per l'omicidio Martino. Per i capi parlava con le forze dell'ordine

Venne strangolato in una cava e poi gli venne messa una pietra in bocca perché "parlava troppo". La Corte di Cassazione ha messo la parola fine al processo per l'omicidio di Vincenzo Martino, avvenuto a Capua nel marzo del 1998, e condannato a 30 anni ciascuno: Antonio Del Vecchio, 58 anni di San Cipriano d'Aversa; Vincenzo Schiavone detto 'petillo'; Salvatore Verde, 54 anni di Cesa detto 'la bestia'.

I giudici hanno dichiarato inammissibili i loro ricorsi e confermato la sentenza pronunciata dalla Corte d'Assise d'Appello di Napoli che aveva validato la decisione del gup in sede di giudizio con abbreviato. Per i giudici la decisione di Petillo di ammettere gli addebiti in Appello - in cui rinunciò ai motivi di impugnazione - sarebbe avvenuta in maniera tardiva.

Martino, affiliato al clan dei Casalesi, venne ucciso su ordine di Francesco Schiavone Sandokan in quanto sospettato di 'passare' informazioni alle forze dell'ordine. Vincenzo Schiavone, all'epoca 19enne, approfittando della sua confidenza con la vittima lo prelevò facendogli credere che Nicola Panaro, all'epoca latitante ed oggi collaboratore di giustizia, lo volesse incontrare. Venne portato in una cava dove ad attenderlo c'erano Verde e Del Vecchio. Dopo averlo soffocato gli venne messa una pietra in bocca. 

Sono stati lo stesso Panaro ed il capoclan Antonio Iovine, anche lui collaboratore di giustizia, a far luce sul delitto. In particolare la Corte ha evidenziato l'elevata attendibilità di Panaro e di Iovine "desunta dal rango rivestito in ambito criminale, dalla diretta e personale partecipazione di entrambi al fatto di sangue", con l'individuazione dei tre imputati avvenuta sia in via diretta che de relato. 

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