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Cronaca Casapesenna

No all'arresto bis dell'imprenditore accusato da Schiavone

La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dalla Dda per Parente

No all'arresto bis dell'imprenditore 54enne di Casapesenna Raffaele Parente. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla Dda di Napoli che ha impugnato la decisione del Riesame che aveva annullato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere ravvisando la carenza di gravi indizi di colpevolezza necessari a giustificare il provvedimento restrittivo.

Raffaele Parente, imprenditore attivo nel movimento terra e nel recupero dei rifiuti solidi urbani, è stato arrestato e portato in carcere lo scorso 22 febbraio in quanto ritenuto gravemente indiziato di associazione di tipo mafioso. L'indagine dell'Antimafia iniziò nell'agosto del 2017 all'indomani dell'ennesimo sversamento abusivo di rifiuti solidi urbani in un terreno a cavallo tra le province di Napoli e Caserta. In quel contesto emerse la figura di Parente quale imprenditore vicino al clan dei Casalesi, fazione Zagaria, che grazie ai favori del clan camorristico effettuava sversamenti illeciti o riusciva ad ottenere l'assegnazione di diversi appalti nel settore dei trasporti di rifiuti.

Un 'patto' - quello con il clan di Michele Zagaria - reso noto dalle dichiarazioni di 4 collaboratori di giustizia (Nicola Schiavone, Massimiliano Caterino, Luigi Cassandra, Michele Barone) che hanno portato il pubblico ministero Maurizio Giordano alla contestazione del reato associativo con le aggravanti per Parente, cognato di Angelo Salzillo nipote del fondatore del clan dei Casalesi, Antonio Bardellino. Il legale di Parente, l'avvocato Ferdinando Letizia, smantelló l'impianto accusatorio partendo dalle dichiarazioni rese dai pentiti dove un errore di persona portò al coinvolgimento di Raffaele Parente.

La trascrizione contestata già inglobata nel processo 'Medea' riguardava un colloquio tra Pasquale e Carmine Zagaria dove si faceva riferimento al trasporto di rifiuti e su chi loro potessero fare affidamento. Nel corso della conversazione si menzionó 'Peppe' imprenditore vicino al clan ed erroneamente scambiato per Parente. Una svista che portò i giudici della Dodicesima Sezione del Tribunale del Riesame di Napoli ad accogliere l'istanza del difensore di Parente disponendo l'annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Raffaele Parente tornò libero dopo 15 giorni di carcere.

Avverso tale pronuncia dei giudici delle Libertà motivata da carenza di esigenze cautelari e da gravi indizi di colpevolezza, la Procura Generale ha presentato ricorso per Cassazione. La Quinta Sezione della Suprema Corte ha respinto il ricorso confermando così le motivazioni che portarono in sede di Riesame all'annullamento del provvedimento detentivo per l'imprenditore di Casapesenna.

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