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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Casapesenna

Niente permesso premio per il boss dei Casalesi. "Non può andare dalla mamma anziana"

Non ha rispettato la 'buona condotta' in carcere: la decisione della Cassazione

Il boss del clan dei Casalesi, Vincenzo Zagaria, non può ottenere alcun permesso premio, nemmeno per andare a visitare la mamma anziana. La decisione è della Corte di Cassazione proprio sul ricorso presentato da Zagaria contro l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Sassari. Per il giudice della Corte di Cassazione “sussiste in concreto una incompatibilità tra il regime differenziato cui lo Zagaria è attualmente sottoposto e la eventuale ammissione al permesso premio essendo venuti meno i presupposti per la sua sottoposizione al regime di 41bis. Il Ministro ha indicato le condizioni relative ai condannati per reati cosiddetti “ostativi di prima fascia” ai fini della concessione dei permessi premio: la regolarità della condotta intramuraria; la sussistenza di elementi tali da escludere sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del rispristino di tali collegamenti nella interpretazione fornita dalla Corte costituzionale in base alla quale gli accadimenti in concreto idonei a superare la presunzione di attuale pericolosità non possono essere unicamente la regolare condotta carceraria, la partecipazione del detenuto al percorso rieducativo o la dichiarata dissociazione; occorre un accertamento rigoroso e una motivazione rafforzata proporzionata alla forza del vincolo imposto dal sodalizio criminale del quale si esige l’abbandono definitivo”.

Mentre il giudice della Cassazione rivela “la commissione da parte dello Zagaria di numerosi illeciti disciplinari negli anni 2019, 2020, 2021 risultanti espressamente dalla istruttoria compiuta (nota della Direzione Nazionale Antimafia per gli illeciti dell’anno 2019 e rapporti disciplinari in atto per gli anni 2020-2021). Il ricorso non si confronta, dunque, con la motivazione allorquando definisce tali fonti quali “stereotipate informative che non riportano la condotta inframuraria del soggetto”. Ma c’è di più perché si “evidenzia la totale assenza da parte del detenuto di elementi concreti da cui desumere la cessazione di legami di natura associativa, offrendo al contrario le consistenti risultanze istruttorie rappresentate dal decreto del Ministero di Grazia e Giustizia del 18 novembre 2021 con cui è stato prorogato a carico del condannato il regime differenziato di cui all’articolo 41 bis non essendo venuta meno la capacità di Zagaria di mantenere contatti con esponenti tuttora liberi dell’organizzazione criminale di appartenenza anche in ragione della sua particolare concreta pericolosità sociale”. Non finisce qui perché “Zagaria si era reso protagonista nel 2019 di numerose infrazioni disciplinari all’interno della struttura penitenziaria e, dai colloqui intrattenuti con alcuni dei suoi fratelli attualmente liberi, erano emersi contenuti allusivi rivelatori di messaggi da veicolare all’esterno”. E sempre la Dda ha detto che Zagaria “non ha mai reciso i suoi legami camorristici come emerso dai colloqui con i fratelli liberi e da alcune missive dal contenuto criptico”.

Tutte motivazioni che hanno fatto propondere a dire ‘no’ al permesso premio.

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