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Cronaca San Marcellino

La moglie del ras teme il pentimento di Zagaria: “Meglio morto”

La Cassazione ha respinto il ricorso di Luisa Guarino coinvolta nell’inchiesta sul riciclaggio da 100 milioni del clan

Il ricorso è inammissibile. La Corte di Cassazione ha così sentenziato sul ricorso presentato da Luisa Guarino, 62enne di San Marcellino, coniuge di Giacomo Capoluongo, arrestato per la partecipazione al sodalizio camorristico dei clan dei Casalesi. Nella sentenza si parla anche di una conversazione avente ad oggetto la divisione dei soldi in mensili, stipendi, settimane ma che, secondo la difesa “in realtà, non contiene alcun riferimento univoco ad un’operazione di smistamento di denaro in favore della cosca camorristica”. Nella conversazione intercettata Guarino ed il marito manifestano timore per il possibile pentimento del camorrista Michele Zagaria, arrivando addirittura ad augurarsi la morte del boss, ma per la difesa “detto dialogo non ha alcuna connessione con l’attività oggetto di indagine essendo il predetto boss detenuto dal dicembre 2011”.

Per il giudice “il ricorso è inammissibile”. “L’interpretazione delle intercettazioni, priva di manifeste illogicità e travisamenti, ha condotto i giudici di merito a ritenere, con motivazione congrua e coerente, che la piena consapevolezza della Guarino di trasferire denaro di provenienza delittuosa al fine di agevolare il consesso camorristico oggetto di indagine sia dimostrata inequivocabilmente dalla continuativa attività, svolta dalla donna (moglie di Capoluongo Giacomo, membro di lungo corso del clan dei Casalesi, e sorella del promotore ed organizzatore Guarino Giuseppe), con la consegna di pacchi contenenti decine di migliaia di euro di provenienza delittuosa, pacchi successivamente trasportati in diverse parti del territorio nazionale, così condividendo le conclusioni del Giudice per le indagini preliminari relative al fatto che la condotta della Guarino era finalizzata ad agevolare il sodalizio camorristico casalese in quanto il comportamento reiterato della ricorrente e le modalità delle condotte di riciclaggio, apparivano perfettamente in linea con l’editto accusatorio provvisorio”.

Già in precedenza i Giudici del riesame avevano sottolineato che “l’abitazione dei coniugi Guarino-Capoluongo costituiva il centro di raccolta e smistamento del denaro contante che proveniva dall’attività di ripulitura del sodalizio” e che l’attività della ricorrente si esplicava anche nella spartizione del denaro finalizzata al successivo smistamento “secondo criteri non casuali ma ben determinati” e nella consegna dei pacchi di denaro che venivano trasportati in diversi parti del territorio nazionale”.

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