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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

LA LETTERA I familiari delle vittime innocenti della camorra scrivono a Conte

Lunga missiva al premier ed a Salvini e Di Maio: "Lo stato ci priva della dignità"

I familiari delle vittime innocenti della camorra scrivono al premier Giuseppe Conte ed ai due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini per vedersi riconoscere lo status di vittime innocenti da parte dello Stato.

Una lettera lunga in cui "mogli, figli, figlie, sorelle, fratelli, padri e madri" hanno chiesto di cambiare le leggi ed evitare la pioggia di ricorsi offendono la memoria di chi ha perso un parente per mano della camorra "senza avere alcuna colpa e solo per uno scambio di persona o perché si sono opposti ad essa ed ora sono finiti nel tritacarne della giustizia". 

"In passato - si legge nella missiva - c'è chi si è sentito compreso ma a partire dal 2008 sono state apportate sostanziali modifiche alle norme a tutela delle vittime della criminalità organizzata con l'unico obiettivo di ridurre il numero di riconoscimenti delle vittime, trattandole non come persone con affetti, dolori e paure ma come semplici numeri da statistica. Negli ultimi anni - proseguono - dirigenti dello Stato hanno addirittura diffamato la memoria dei nostri cari. Abbiamo protestato, urlato e scritto, sostenuti dalle associasioni presenti sul territorio". 

Un vero grido di dolore di chi negli ultimi dieci anni si sente trattato come "carte da rigettare, pratiche da bocciare e fascicoli da archiviare. Decisioni alle quali ci siamo appellati ma tanta acredine diventa ogni giorno sempre più incomprensibile. Dopo quanto abbiamo patito, ci saremmo aspettati un trattamento diverso. Non parliamo di pietismo ma solo di umanità".
Il quadro della situazione è desolante. "Ci sono istanze di riconoscimento - si legge ancora nella missiva - Che sono state rigettate sebbene i familiari siano persone normali e oneste ma messe all'indice per il solo fatto di avere lontane parentele di quarto e quinto grado, con soggetti aventi precedenti penali. Che colpa possiamo avere noi, se altri hanno scelto di violare la legge? Cosa c'entriamo noi, con chi ha offeso la società? Ognuno di noi è responsabile delle proprie scelte ed azioni, non di quelle di altri". 

Una sventura per loro quella di "nascere in territori flagellati dalla criminalità organizzata, la triste sorte ci ha riservato la morte dei nostri cari, seppur innocentemente - scrivono ancora - La speranza ci ha dato la forza di attendere che giustizia fosse fatta. Pensavamo che le sentenze processuali definitive potessero finalmente scrivere la fine. E ora? Dove è andato a finire lo spirito solidaristico nei confronti della criminalità organizzata e dei loro familiari, colpite da azioni violente? Sembra - proseguono - che ogni istanza si lavori per trovare una ragione di rigetto. Quando la motivazione non viene trovata, neppure con la forzatura di qualche norma, quelle stesseistanze restano senza risposta per anni. Un silenzio che offende e schiaccia. Eppure basterebbe che la nostra documentazione, per il riconoscimento dello status di vittima innocente per i nostri mariti, padri, figli e fratelli, venisse analizzata con onestà intellettuale e applicando correttamente la legge. Siamo italiani, sopravvissuti ad una guerra in cui lo stato ha perso per anni, lasciando intere comunità sole ed indifese mentre il fuoco criminale uccideva, derubava, inquinava e malversava".

E dunque la richiesta ai vertici del Governo. "Non chiediamo pietà e non vogliamo carità ma non crediamo di poter accettare ancora questo discriminante trattamento che ci priva della dignità". 

Tra i firmatari del documento ci sono Augusto Di Meo, testimone oculare dell'omicidio di don Peppe Diana; Cecilia Raimondo, madre di Pasquale D'Ambrosca, ucciso dal clan dei Casalesi per essersi ribellato alle richieste estorsive; Giuseppe Coviello e Rosa Pagano, figli di Paolo Coviello e Pasquale Pagano uccisi dal clan dei Casalesi per uno scambio di persona; Gilda Pecchia, madre di Flavio Russo ucciso da un proiettile vagante; Lucia Zenna, madre di Genovese Pagliuca ucciso dal clan dei Casalesi per aver difeso la fidanzata; fabrio Petrella, figlio di Luigi Petrella ucciso dal clan dei Casalesi perché sospettato di aver aiutato le forze dell'ordine; Carmela Di Fraia, moglie di Antonio Celieto ucciso dal clan dei Casalesi perché sospettato di aver aiutato le forze dell'ordine nell'individuazione di piazze di spaccio; Giovanna Scudo, Arturo Della Corte; Mario Guida; Carmine Belardo; Anna Ferriero; Armando Pezzella; Salvarore Di Bona, referente provinciale del coordinamento familiare vittime innocenti della criminalità; Valerio Tartaglione, coordinatore del Comitato don Peppe Diana; Gianni Solino, referente provinciale di Caserta di Libera; Renato Natale, sindaco di Casal di Principe. 

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