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Cronaca

Insulta su Facebook l'ex ministro ed i giudici 'comunisti': condannato militare casertano

Il sergente ha accusato Minniti di promuovere solo 'le solite stronzate'. Confermata pena a 7 mesi

Insulti su Facebook all'ex ministro dell'Interno Marco Minniti ed ai giudici. Per questo è stato condannato a 7 mesi per vilipendio un militare casertano, in servizio presso l'Ottavo Reggimento Bersaglieri di Caserta. 

Il sergente, 41 anni, impiegato nell'operazione 'Strade Sicure' in occasione di una visita di Minniti a Napoli, in seguito ad un'escalation di episodi messi in atto dalle baby gang, aveva commentato su Facebook: "Domani Minniti a Napoli e a me viene una domanda... che cazzo c vien a fa? A sparare le tue solite stronzate? La soluzione te la do io ai fatti di questi giorni, togli tutti i tuoi giudici comunisti dal cazzo e dà il potere di agire alle forze dell'ordine con la certezza della pena e al resto ci pensiamo noi ". Parole che sono state ritenute irrispettose sia per quanto riguarda l'istituzione ministeriale sia per i giudici. 

Il sergente, condannato in corte d'appello militare, ha impugnato la sentenza in Cassazione evidenziando come il tenore del post, sia pure dai toni forti, rientrasse nella sfera del diritto di critica. Ma i giudici della Suprema Corte hanno confermato le motivazioni della sentenza d'appello. 

Scrivono i giudici della Cassazione: "I giudici di appello — pur dando atto che la critica, quale espressione di opinione necessariamente soggettiva, ha, per sua natura, carattere congetturale e non può, perciò, mantenersi entro i confini della asetticità e che dal carattere democratico dell'ordinamento discende il riconoscimento di spazi ancora più ampi qualora il destinatario sia un esponente delle istituzioni — hanno sottolineato che essa deve mantenersi nel solco della meditata razionalità e non può mai risolversi in sfogo di puro livore o rancore. A quest'ultima ipotesi, ha rilevato la Corte militare di appello, va ricondotta l'affermazione secondo cui l'esecutivo è capace solo di promuovere le 'solite stronzate': in tale evenienza, si legge nella sentenza impugnata, 'L'assenza di qualsiasi riferimento a specifiche determinazioni, l'assenza di qualsiasi argomentazione a sostegno del giudizio espresso, il disconoscimento in termini assoluti e omnicomprensivi di qualsiasi capacità di positiva gestione politica dei fenomeni impedisce di riconoscere alla frase la benché minima funzione di costruttivo pungolo, stimolo, denuncia: non essendo dato rinvenire alcun ragionato dissenso ma solo denigrazione, totale disprezzo per la funzione pubblica rappresentata dal Governo — tenuto a vile, appunto—, un mero insulto capace solo di deprimere la fiducia pubblica nei confronti dell'Istituzione ... ed idoneo a lederne quel prestigio che, proprio per il corretto funzionamento dell'ordinamento democratico, deve essere riconosciuto e garantito'".

Allo stesso modo, per quanto concerne la definizione di "comunisti" con cui il militare ha gratificato i magistrati, "l'apodittica ed aprioristica attribuzione di una appartenenza politica tale da orientare le decisioni, non accompagnata da concrete allegazioni, è stata correttamente intesa dai giudici di secondo grado alla stregua di offesa gratuita, priva dei prescritti crismi di continenza, pertinenza, necessità e suscettibile soltanto di ascrivere ai destinatari parzialità e ripudio della legge in favore di un'idea politica e, di conseguenza, di ledere il prestigio e la fiducia di cui l'istituzione giudiziaria deve godere".

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