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Cronaca Succivo

Imprenditore ucciso dopo aver denunciato il pizzo: 15 anni al killer di don Diana

La Corte d'Assise ha condannato Quadrano e disposto un risarcimento per i familiari di Belardo. Dopo 30 anni arriva la giustizia

Quindici anni di reclusione ed un risarcimento in favore dei familiari della vittima, da quantificarsi in sede civile, con una provvisionale di 50mila euro. Questa la decisione della Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere per Giuseppe Quadrano, il killer di don Peppe Diana oggi collaboratore di giustizia, accusato dell'omicidio dell'imprenditore Antonio Belardo, ucciso a Succivo nel 1991.

I giudici, fissando il risarcimento, hanno accolto le tesi della difesa di parte civile, rappresentata dall'avvocato Giovanni Zara, che si è battuta affinché venisse esclusa ogni connivenza della vittima con il clan dei Casalesi. Il caso era stato in un primo momento chiuso senza colpevoli e poi riaperto in seguito ad indagini della parte civile. 

E' stato così possibile individuare i responsabili in Alberto Di Tella (anche lui collaboratore di giustizia e condannato in abbreviato) e proprio Quadrano. Ma il movente del delitto restava ancora oscuro. Secondo Quadrano, infatti, Belardo venne ucciso nell'ambito di una faida interna al clan dei Casalesi perché imprenditore "amico" dei Bidognetti ai quali pagava "30 milioni di lire all'anno".  

Ma cosa significava "essere amico" dei Casalesi? Sono stati i pentiti a chiarirlo durante il processo. Siamo negli anni '80 e tutti gli imprenditori edili dovevano pagare la tangente ai Casalesi per poter lavorare in serenità. Si pagava, è stato ricostruito, cantiere per cantiere. E tra gli imprenditori che pagavano c'era anche Belardo che, a detta di alcuni collaboratori, si mostrava "simpatico" con gli esattori del clan ma solo per vedersi ridotta la quota estorsiva. Insomma, non c'era in quell'atteggiamento qualche forma di connivenza.

Belardo era un imprenditore taglieggiato dal gruppo Bidognetti, in guerra con la fazione di Quadrano. Così venne ucciso, trovandosi nel mezzo di una faida di camorra. Un movente - quello dichiarato dal pentito - che va ad aggiungersi ad un altro: una denuncia sporta nel 1990, insieme ad altri imprenditori, contro due esattori del cartello criminale guidato da Quadrano. A distanza di 30 anni dal delitto i familiari hanno finalmente ottenuto giustizia.  

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