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Cronaca Casapesenna

Imprenditore arrestato per camorra si difende davanti al giudice

Diana il "biondo" risponde alle domande del gip Colucci nel corso dell'interrogatorio. Indagine riaperta dopo 6 anni con informativa del Gico sulle elezioni per l'Europarlamento

Ha risposto alle domande chiarendo la propria posizione. L'imprenditore Giuseppe Diana, ritenuto esponente del gruppo Zagaria del clan dei Casalesi, si difende nel corso dell'interrogatorio di garanzia, svolto nel carcere di Secondigliano dinanzi al gip Colucci del tribunale di Napoli che, su richiesta della Dda, ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di "Peppe 'o biondo". 

L'interrogatorio

Un interrogatorio fiume in cui l'imprenditore casapennese, assistito dall'avvocato Guido Diana, ha provato a chiarire fatti vecchi e nuovi. Diana ha evidenziato come sull'ipotizzato contributo al clan dei Casalesi - prima come portavoce dell'allora latitante Michele Zagaria e poi come uomo delle slot machines insieme al cugino Giovanni Garofalo - già sia stato colpito da una precedente ordinanza cautelare nel 2015 (tra l'altro firmata dallo stesso gip Colucci). Ordinanza che venne annullata per la mancanza di gravi indizi di colpevolezza dal Riesame. Quell'inchiesta - di fatto arenata dopo la prima scarcerazione - è stata ripescata ed arricchita a distanza di 6 anni dalle propalazioni dei collaboratori di giustizia Mario Iavarazzo, Michele Barone e Francesco 'Ciccio' Zagaria e dalle indagini del Gico di Firenze che indagava su Diana per frodi fiscali in Toscana. 

Secondo i pentiti Diana - marito di una nipote del capoclan Zagaria - avrebbe avuto interessi nel settore delle slot machines, imposte agli esercizi dell'agro aversano. Un monopolio che aveva come fulcro proprio Giovanni Garofalo a cui Diana, suo cugino, sarebbe subentrato. L'imprenditore ha chiarito di aver conosciuto i collaboratori di giustizia attraverso i cugini Garofalo e che oggi quella conoscenza gli sta rovinando la vita.  

La nuova indagine e i voti alle elezioni per l'Europarlamento

Comunque sia, dopo l'arresto e la scarcerazione del 2015, a far riaccendere i riflettori nuovamente i riflettori su Diana è stata l'indagine "Minerva" del Gico di Firenze su un giro di false fatture per un business da 8 milioni di euro. Fatti per cui è caduta l'aggravante mafiosa. Nell'ambito delle indagini sulle frodi fiscali - per le quali a dicembre inizierà il processo dinanzi al tribunale fiorentino - il Gico intercetta Diana. Gli investigatori delle Fiamme Gialle captano conversazioni che potrebbero avere risvolti anche in Campania. Si parla di voti che Diana, insieme al fratello (indagato solo nel procedimento toscano), avrebbe procurato ad una candidata di Forza Italia in occasione delle elezioni per il Parlamento Europeo del 2019.

L'intercettazione finisce in un'informativa, inviata alla Dda di Napoli per valutare eventuali ingerenze della camorra nel voto. Secondo i riscontri, Diana, insieme al fratello, avrebbero ottenuto per la candidata poche centinaia di voti, racimolati dalla cerchia di operai e rispettive famiglie che orbitavano all'interno delle ditte edili collegate al 'biondo'. Per questo lo stesso gip Colucci si è limitata a riscontrare un'attività di "propaganda", stralciata dal provvedimento cautelare eseguito in settimana dai carabinieri.

Alla luce dell'interrogatorio l'avvocato Guido Diana presenterà nelle prossime ore istanza al tribunale del Riesame per rivalutare la posizione del suo assistito.  


 

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