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Cronaca Marcianise

Il Consiglio di Stato ribalta la gara: cambia il ‘padrone’ dell’appalto da 32 milioni

Annullata l’esclusione della EcoCar dalla gara per la raccolta rifiuti

La EcoCar si appresta a vincere la gara quinquennale da oltre 32 milioni di euro per la raccolta dei rifiuti solidi urbani a Marcianise. In tre mesi è completamente cambiato lo scenario, dopo l’esclusione che era stata decisa dalla commissione di gara perché la società non aveva indicato una condanna irrevocabile del direttore tecnico risalente al 1990. Non era bastato il ricorso al Tar Campania (che lo aveva respinto) ma è stato necessario arrivare al Consiglio di Stato per la ditta dei rifiuti per tornare in gara. E vedersela molto probabilmente assegnata, visto che la sua offerta era stata ritenuta migliore rispetto a quella della Teknoservice.

Il nodo, come detto, era legato ad una condanna riportata dal direttore tecnico 30 anni orsono e che non era stata segnalata nella presentazione della domanda. Cosa che aveva spinto la commissione di gara del Comune di Marcianise ad escludere EcoCar dalla stessa secondo quanto previsto dal Codice degli Appalti. Una teoria confermata dai giudici del Tar Campania che, nel maggio scorso, avevano respinto il ricorso della EcoCar, ma che invece è stata ribaltata dal Consiglio di Stato. La Quarta Sezione, presieduta da Oberdan Forlenza, ha infatti sottolineato che “un’ampia elaborazione giurisprudenziale si è incentrata sull’esistenza di un limite triennale di rilevanza temporale del fatto astrattamente configurabile quale “grave illecito professionale” decorrente dalla data di accertamento definitivo del fatto stesso ed identificabile, allorché venga in rilievo una sentenza non automaticamente escludente ex art. 80 comma 1 d. lgs. n. 50/16. Nel caso di specie, deve concludersi che, essendo la condanna patteggiata valorizzata dall’amministrazione risalente al 1990, non sussistesse alcuna omissione dichiarativa rilevante ai sensi dell’art. 80 comma 5, lett. c-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016”.

Inoltre, si legge, “il Collegio osserva che, quand’anche volesse aderirsi all’orientamento più rigoroso, secondo cui l’esistenza di un potere discrezionale della stazione appaltante in ordine alla sussistenza di gravi illeciti professionali, consenta a quest’ultima di valorizzare anche condotte risalenti nel tempo, anche in questo caso il provvedimento impugnato rimarrebbe illegittimo. La fattispecie di esclusione regolata dall’art. 80, comma 5, lett. c-bis del d.lgs. n. 50 del 2016 presuppone un obbligo dichiarativo il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente e il cui inadempimento giustifica invece l’esclusione. In essa rileva pertanto l’omissione in sé rispetto ad un presupposto obbligo dichiarativo e in ciò si esprime il disvalore di tale causa di esclusione. Tuttavia, in tanto può parlarsi di “omissione” in quanto l’obbligo dichiarativo sia stato previsto o a livello normativo o dalla stazione appaltante nella legge di gara. Il Collegio condivide l’orientamento secondo cui “in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono predicabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso” (Cons. Stato, sentenza n. 4316 del 2020, cit.). E’ quanto appunto si verifica nel caso di specie in cui, come messo in luce dall’appellante, una condanna del direttore tecnico della società, risalente a trenta anni fa e relativa ad un reato da tempo depenalizzato, non poteva essere agevolmente percepita dall’operatore economico come palesemente incidente sulla propria integrità professionale”.

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