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Cronaca

La Finanza scopre la truffa del 'falso cachemire' da 2 milioni di euro

I militari di Torino ed i colleghi di Caserta hanno sequestrato 40mila capi

“Questo capo è stato realizzato con fibre di cachemire, materiale raro e prezioso dotato di incredibili proprietà che non trovano pari in nessun’altra fibra esistente al mondo”. È il “claims” commerciale riportato sulle etichette, sui cartellini e sugli scaffali espositivi con cui una nota azienda italiana operante nel settore dell’abbigliamento sportswear, con decine di negozi in tutto il territorio nazionale, commercializzava maglioni in realtà confezionati in acrilico. 

Per questo motivo, la Guardia di Finanza di Torino, coordinata dalla Procura della Repubblica, ha avviato, nei giorni scorsi, le operazioni c.d. di “Recall” presso gli oltre 120 punti vendita, con lo scopo di ritirare dal mercato e sequestrare i 40.000 capi d’abbigliamento oggetto di frode, importati dal Bangladesh e venduti, in Italia, ad un prezzo intorno ai 50 euro ognuno. 

Sorpreso dalla vicenda, l’imprenditore, titolare del noto “brand”, ha collaborato fin da subito con i Finanzieri, mettendo a disposizione degli inquirenti tutta la documentazione relativa alla fornitura da 2 milioni di euro. A tanto ammonta la frode commerciale scoperta dai “Baschi Verdi” del Gruppo Pronto Impiego di Torino che hanno eseguito l’operazione in collaborazione con i colleghi del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caserta. 

I Finanzieri, per l’occasione, si sono avvalsi delle analisi scientifiche effettuate dal Laboratorio Chimico “BuzziLab di Prato” le quali hanno appurato la non conformità dei prodotti; il tutto è stato suffragato da ulteriori elementi forniti dall’Associazione mondiale a tutela del pregiato, la CCMI Cashmere and Camelhair Manifacturers Institute con sede a Boston (USA). 

Le successive indagini hanno portato gli inquirenti ad individuare anche il produttore della merce oggetto di frode il quale ha il proprio opificio in Bangladesh; quest’ultimo, ora, dovrà rispondere di frode in commercio sia in relazione alla qualità del prodotto che in relazione alla provenienza. 

Il produttore bengalese sarà, inoltre, segnalato all’Autorità Giudiziaria ai sensi della normativa in materia di responsabilità amministrativa derivante dalla commissione di reato, che, nel caso di specie, ha prodotto un illecito profitto nell’ordine, appunto, di due milioni di euro. La frode in commercio scoperta si è caratterizzata per la violazione del c.d. principio “Aliud pro alio”, relativo alla correttezza degli scambi commerciali, che in questo caso non ha trovato corrispondenza con la sua natura di lealtà, attesa anche la condotta distorsiva del mercato posta in essere con la difformità, materiale, della merce consegnata. Duplice, questa volta, la finalità dell’operazione della Guardia di Finanza che, oltre ad arginare un fenomeno distorsivo del mercato, vedrà la merce sequestrata devoluta ad enti caritatevoli per la successiva consegna a persona bisognose.

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