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Cronaca

Imprenditori, avvocati ed agronomi nella maxi inchiesta sui 'finanziamenti truffa': sequestrati oltre 8 milioni

Undici arresti: coinvolto anche tecnico casertano. Hanno ottenuto oltre 6 milioni di euro

Riuscivano ad ottenere finanziamenti da un Ente pubblico senza rimborsare neanche un euro grazie alla complicità di ‘funzionari infedeli’ ed all’inerzia nei controlli. Ma il piano diabolico studiato da imprenditori, professionisti e tecnici è stato smascherato dalla Guardia di Finanza di Matera che questa mattina ha arrestato 11 persone, tra cui l’agronomo Antonio M., residente in provincia di Caserta, sequestrando anche beni per oltre 8 milioni di euro.

Le finte compravendite

Il “pactum sceleris” era preordinato a monetizzare i terreni dei venditori, normalmente privi di una appetibilità commerciale e con una sopravvalutazione degli stessi, pur restando gli immobili nella disponibilità diretta-indiretta dei venditori-offerenti mediante l’intestazione fittizia a terzi acquirenti utilizzati come “teste di legno” aventi, solo formalmente, i requisiti per accedere alle agevolazioni finanziarie, (solitamente braccianti agricoli sottoccupati presso le stesse aziende riconducibili agli autori delle truffe), giovani disoccupati o occupati in altri settori (di solito privi di qualsivoglia conoscenza o competenza in materia agricola) o società fittizie create “ad hoc”. Questi “imprenditori”, poi, non provvedevano al pagamento delle rate di restituzione del finanziamento ricevuto da Ismea, con conseguente perdita delle relative risorse erogate, nell’inerzia da parte dello stesso ente pubblico erogante che non provvedeva ad attivare azioni recuperatorie ovvero risolutive dei contratti stipulati con patto di riservato dominio.

Incassati 6 milioni grazie ai ‘funzionari infedeli’

Il collaudato sistema era attuato con la complicità di funzionari pubblici ‘infedeli’ appartenenti agli stessi Enti deputati ai preliminari accertamenti dei requisiti, alla valutazione degli immobili offerti ed alla successiva erogazione dei fondi pubblici. In questo modo veniva consentito agli indagati di ottenere finanziamenti agevolati non dovuti in almeno 5 pratiche di primo insediamento giovanile ISMEA per un ammontare complessivo di circa 6 milioni di euro. Una sesta pratica, comportante un finanziamento di 900.000 euro circa, non veniva portata a compimento a causa di un errore di carattere contabile commesso dagli indagati che omettevano di allegare alla stessa la “certificazione bancaria attestante il debito residuo del mutuo per il quale era stata accesa ipoteca volontaria”.

Come funzionava la truffa

Il proprietario di un compendio composto da terreni e fabbricati veniva individuato al fine di richiedergli la cessione della proprietà degli stessi, di dubbia commerciabilità, ad un giovane soggetto, anche in veste di legale rappresentante di società (prestanome fittizio), che, esclusivamente sulla carta, si proponeva di insediarsi in agricoltura usufruendo dello specifico regime di aiuto. Dopo il proprietario ed il potenziale acquirente, supportati dal medesimo tecnico-agronomo, presentavano congiuntamente ad Ismea apposita domanda nella quale il primo dava la disponibilità alla vendita e il secondo, ad insediarsi in agricoltura prospettando un progetto agricolo connotato da una pluralità di migliorie, in termini sia fondiari che di produttività, così da rendere credibile la redditività dell’intervento. Una volta conclusa favorevolmente l’istruttoria da parte di ISMEA, anche grazie alla compiacenza di funzionario infedele che avallava sia una stima non congrua del compendio che la sostenibilità economica del progetto, l’Ente pubblico acquistava il compendio liquidando il valore stimato al venditore e contestualmente lo rivendeva, con patto di riservato dominio, al giovane che si era proposto di intraprendere l’attività agricola con l’obbligo da parte di quest’ultimo di restituire in 30 anni il prezzo pagato da Ismea. Il giovane imprenditore fittizio, talvolta prestanome del venditore ed in altro caso prestanome di professionista, gestore occulto di un affare prettamente finanziario, non provvedeva a condurre il compendio agricolo né, tantomeno, a pagare le rate di ammortamento del mutuo agrario contratto con l’ISMEA, consentendo la continuazione della gestione agli organizzatori della truffa.

I mancati controlli di Ismea

Tutto questo è stato reso possibile anche perché Ismea, dopo aver compravenduto il compendio, rimaneva inattivo nelle verifiche sulla realizzazione del piano di investimento prospettato in sede di domanda di aiuto, ma soprattutto non avviava alcuna azione nei confronti del “prestanome” resosi moroso nel pagamento delle rate di ammortamento del mutuo agrario. Fattispecie “anomala" se si considera che la normativa regolante tale particolare regime di aiuto prescrive la risoluzione di diritto dell’atto di compravendita, ai sensi anche dell’art. 1456 c.c., qualora l’obbligato non avesse versato le prime 2 rate del prezzo pattuito.

Le figure dell’inchiesta

I cardini del processo delittuoso erano costituiti da un infedele funzionario Ismea e da un imprenditore agricolo-zootecnico di Montescaglioso. Il primo aveva la funzione di calibrare i progetti agricoli, presentati mediante l’aggiustamento di parametri creati “ad hoc”, e di sostenerli presso Isema; il secondo quella di procacciatore d’affari con il compito di individuare i soggetti interessati alla vendita dei terreni e gli acquirenti fittizi. Il tutto con la collaborazione di due tecnici agronomi di fiducia del Funzionario Ismea e di un impiegato della Regione Basilicata deputato a convalidare i valori di stima e l’attendibilità del progetto.

22 indagati: avvocato ha simulato un acquisto

All’esito delle attività di indagine la Procura ha ritenuto esistente un grave quadro indiziario nei confronti di 22 persone tra cui anche un avvocato di Matera resosi parte attiva attraverso la moglie (socia maggioritaria e legale rappresentante di una società creata “ad hoc”) di un acquisto simulato rientrante nelle ipotesi contestate al fine di lucrare circa 280.000 dall’operazione illecita, nonché nei confronti di 5 imprese ai sensi della normativa sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni. Il Giudice delle indagini preliminari ha ritenuto la gravità delle fonti di prova prospettate, disponendo la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di 11 persone e il sequestro preventivo di oltre 4,5 milioni di euro agli indagati, nonché il sequestro preventivo dei beni relativi a 5 aziende per un valore di circa 3,7 milioni di euro per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa nei confronti dello Stato, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego, ricettazione, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, favoreggiamento personale, emissione di fatture per operazioni inesistenti.

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