rotate-mobile
Cronaca Aversa

Pentiti svelano favori ai boss in cella, agente penitenziaria torna libero

Il giudice revoca i domiciliari ma conferma la sospensione. Scoperto il tariffario dei poliziotti corrotti

Torna libero ma sospeso dal servizio Mario Fabozzi, 54enne di Aversa, assistente capo della polizia penitenziaria presso il carcere di Secondigliano coinvolto nell'inchiesta della Dda sulle piazze di spaccio gestite dai detenuti con il placet degli agenti all'interno della casa circondariale di Secondigliano.

È quanto disposto dall'Ottava Sezione del Riesame del Tribunale di Napoli in composizione collegiale presieduta dal giudice Vito Maria Giorgio Purcaro che ha accolto l'istanza dei difensori di Fabozzi, gli avvocati Ferdinando Trasacco e Fabio Ucciero, annullando l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Isabella Iaselli del Tribunale di Napoli il 21 marzo scorso. L'assistente capo di Aversa è stato coinvolto nell'operazione del nucleo investigativo dei carabinieri del comando provinciale di Napoli ed il nucleo investigativo centrale del corpo della polizia penitenziaria col coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia che ha portato all'arresto di 26 persone tra cui 22 detenuti 'celebri' e 4 agenti della polizia penitenziaria accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, corruzione per commettere atti contrari ai doveri di ufficio, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.

L'attività investigativa avviata nel 2017 fino al 2019 corroborata dalla dichiarazione di 11 collaboratori di giustizia del parterre della criminalità organizzata partenopea quali Vincenzo Amirante, Giuseppe Grillo, i congiunti Cristiano e Fortunato Piezzo, Antonio Di Roberto, Tommaso Schisa, Ciro Niglio, Vincenzo Topo che hanno permesso di rilevare l'esistenza di una piazza di spaccio all'interno dell'istituto penitenziario in particolar modo nel padiglione Ligure gestita dai detenuti grazie al beneplacito dei quattro agenti della polizia penitenziaria(Mario Fabozzi, Salvatore Malvilla, Giuseppe Tucci, Francesco Gigante). Dalla ricostruzione degli inquirenti  i quattro poliziotti dietro lauto compenso favorivano l'introduzione della droga in carcere, telefoni cellulari ed altri oggetti vietati come i profumi. Altresì avrebbero favorito lo spostamento dei detenuti all'interno della struttura al fine di far soggiornare gli appartenenti dello stesso clan nelle medesime celle. C'era un vero e proprio prezzario: 400 euro per portare in carcere la droga, 300 euro per l'ingresso dei telefonini, 250 euro per l'ingresso di altri oggetti vietati, 1200 euro per lo spostamento dei detenuti da una stanza all'altra, 5000 euro per ottenere il trasferimento in un altro carcere o dall'isolamento.

Le tariffe erano gestite dagli agenti indagati quindi per plurimi episodi di corruzione anche in concorso con esponenti dei clan partenopei coinvolti nell'inchiesta quali Antonio Autore del gruppo De Micco di Ponticelli, Salvatore Basile della Mala del Rione Traiano, Fabio Crocella dei Mazzarella, Michele Elia del Pallonetto di Santa Lucia, Raffaele Valda di Barra, Alfredo Junior e Pasquale Vigilia dell'omonima famiglia camorristica. A consegnare il denaro agli agenti penitenziari erano le mogli dei reclusi o un parcheggiatore abusivo compiacente che sostava dinanzi al carcere.

A rendere possibile l'ingresso della droga nell'istituto penitenziario la stessa veniva messa in borselli. Questi ultimi venivano raccolti in prossimità del campo da calcio e presi in consegna dagli inservienti in cucina ciascuno per il proprio reparto di appartenenza. Lì nelle cucine del carcere di Secondigliano la droga veniva sporzionata e smistata. A Mario Fabozzi la Procura ha imputato numerosi episodi di corruzione avvalorati dalle dichiarazioni dei pentiti. Una tesi accusatoria smantellata dalla difesa che ha evidenziato le numerose incongruenze e discrasie nel racconto dei pentiti. Una tesi difensiva che ha convinto il presidente del collegio del Riesame ad annullare la misura cautelare degli arresti domiciliari applicando nei confronti dell'assistente capo la misura cautelare interdittiva della sospensione dal servizio.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Pentiti svelano favori ai boss in cella, agente penitenziaria torna libero

CasertaNews è in caricamento