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Cronaca Casal di Principe

Estorsioni ed usura, le cambiali firmate al cospetto del latitante

Sentenza della Cassazione: confermate le condanne per Nicola Schiavone, Ornato e Giulio Brusciano

Firmò cambiali al cospetto del latitante per far fronte ai prestiti usurai ricevuti da soggetti vicini al clan dei Casalesi. E' quanto mette nero su bianco la Corte di Cassazione che ha confermato le condanne emesse in Appello per Giulio Brusciano, 53 anni di Aversa; Nicola Schiavone, figlio del capoclan Sandokan; Luigi Ornato, 54 anni di Napoli. Rinviato nuovamente in Appello, per la rideterminazione della pena, Salvatore Di Puorto, 45 anni di San Cipriano d'Aversa, solo in merito al reato di falso ideologico. 

LE CAMBIALI DAVANTI AL LATITANTE

Secondo quanto ricostruito e confermato dagli Ermellini la vittima, titolare di un'impresa del settore tessile di Aversa, avrebbe firmato ben 117 cambiali per un importo di circa 300mila euro (rinvenute nel corso delle indagini) in favore di Giulio Brusciano. Al momento della firma dei titoli sarebbe stato presente anche Gabriele Brusciano, all'epoca latitante ed autista del killer stragista Giuseppe Setola

AL COSPETTO DEL BOSS

Per far fronte ai debiti, inoltre, la vittima ne avrebbe contratti di altri con Savatore Di Puorto e Luigi Ornato. Fu proprio in un incontro, svoltosi in un garage, che la vittima incontrò Nicola Schiavone. "La convocazione della vittima in un luogo appartato al cospetto di due sconosciuti - si legge nella sentenza - che non esitarono a palesare la forza del proprio carisma criminale esplicitando minacce di morte, e, subito dopo, il disvelamento dell'identità di uno dei partecipanti, quale figlio del noto camorrista Francesco Schiavone detto Sandokan. Tali elementi secondo la corte, confermano la volontà di evocare la possibile ritorsione di sanguinari esponenti mafiosi, e integrano sotto il profilo del
metodo mafioso la contestata aggravante". 

RESPINTO IL RICORSO DEL CAPELLO

Tra i motivi del ricorso in Cassazione di Nicola Schiavone, infine, c'era anche una descrizione da parte della vittima ritenuta differente rispetto alla foto allegata al fascicolo processuale (foto in cui la vittima riconobbe Schiavone) che raffiguarava il figlio del capoclan con i capelli lunghi. Per i giudici il dato è irrilevante. 

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