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Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Detenuto sfascia la cella e forza la porta blindata per parlare col magistrato

Disordini nel carcere. Il sindacato Sappe: "Impossibile lavorare così"

Resta al centro delle cronache il carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove da mesi ormai è costante e continuo il numero degli eventi critici che si verificano tra le sbarre. Inquietante l’ultimo grave episodio, accaduto nella notte tra il 15 e 16 luglio, sul quale riferisce Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE: “Questa notte un detenuto si è lasciato andare ad una forma di protesta particolarmente violenta nel Reparto Tevere del penitenziario, dove è ristretto. Ha iniziato a sfasciare la cella ed ha addirittura scardinato la porta blindata. Tutto questo perché voleva parlare, all’una di notte, con il magistrato sulla sua situazione giudiziaria. Tempestivo è stato l’intervento dell’Ispettore coordinatore della Sorveglianza Generale dell’Istituto, che ha prima di tutto cercato di tranquillizzare il detenuto ed ha poi sentito il direttore del carcere sulla protesta in atto. E’ stato disposto di fare una videochiamata al PM di turno, che però nulla poteva sulla situazione del detenuto essendo questa di competenza di altra autorità giudiziaria. La situazione è poi tornata alla normalità grazie alla professionalità e all’attenzione della Polizia Penitenziaria, ma è del tutto evidente che non si può continuare a lavorare così, specie in un carcere come quello di Santa Maria Capua Vetere nel quale i vertici - direttore e Comandante del Reparto di Polizia - non sono titolari e quindi in presenza fissa ma provvisori”.

Per Capece “la situazione delle carceri italiane, per adulti e minori, è sempre più allarmante, per il continuo ripetersi di gravi episodi critici e violenti che vedono sempre più coinvolti gli uomini e le donne appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria. Donne e uomini che svolgono servizio nelle sezioni detentive senza alcuno strumento utile a garantire la loro incolumità fisica dalle continue aggressioni dei detenuti più violenti. Il taser potrebbe essere lo strumento utile per eccellenza, anche perché di ogni detenuto è possibile sapere le condizioni fisiche e mediche prima di poter usare la pistola ad impulsi elettrici, ma i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria fanno solo chiacchiere e la Polizia Penitenziaria continua a restarne sprovvisto. Per questo torno a sollecitare la Ministra Guardasigilli Cartabia a prendere con urgenza provvedimenti per gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria che ogni giorno, nelle galere d’Italia, sono le vittime di aggressioni, umiliazioni, improperi, ferimenti, risse e colluttazioni da parte della frangia violenta dei detenuti”. 

Il SAPPE “è pronto a scendere in piazza, a settembre, per sottolineare quanto e come sia importante e urgente prevedere un nuovo modello custodiale. E’ grave che la recrudescenza degli eventi critici in carcere si è concretizzata quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario ‘aperto’, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia Penitenziaria. Per abbattere l’apatia e l’ozio nelle celle, invece, i detenuti dovrebbero essere messi nelle condizioni di lavorare, anche a favore delle comunità territoriali con impieghi in attività socialmente utili. Ma non è certo lasciandoli ore a far nulla nelle celle e nei corridoi delle Sezioni che si favoriscono condizioni di trattamento e rieducazione come prevede la nostra Carta costituzionale. E se i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sono in grado di trovare soluzioni alla gravissima situazione delle carceri italiane ed alla tutela degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria devono avere la dignità di dimettersi”.

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