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Cronaca Mondragone

I conti dell'azienda agricola passati al setaccio nel processo ai "caporali"

Il dipendente della Sviluppo Agricolo Bianchino svela: "Trasparenze nei conti e nei contratti"

Volumi di affari regolari con tanto di tracciabilità e fatturazione attestante la compravendita dei prodotti ortofrutticoli nonché ausilio di molteplici fornitori a cui affidarsi per dare piena risposta alle esigenze del mercato altrimenti insoddisfatte.

È quanto emerso dalle dichiarazioni di un dipendente dipendente della società rese Sviluppo Agricolo Bianchino e di alcuni fornitori rese nel corso dell'udienza celebrata dinanzi la Terza Sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere in composizione collegiale - presidente il giudice Francesco Rugarli con a latere Giorgio Pacelli e Massimo Cosenza - nel processo sul caporalato mondragonese.

Nel banco degli imputati sono finiti Gennaro Bianchino, 64 enne mondragonese legale rappresentante della Società Sviluppo Agricolo Bianchino Srl difeso dall'avvocato Angelo Raucci; Pasquale e Vincenzo Miraglia, rispettivamente di 43 e 46 anni mondragonesi titolari di ditte individuali nel settore ortofrutticolo; Francesco Pagliaro, 54enne mondragonese tutti assistiti dall'avvocato Giovanni Lavanga, poiché ritenuti responsabili di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro e dell'intermediazione illecita di manodopera.

Il dipendente della società mondragonese finita nel mirino della Procura sammaritana ha chiarito la trasparenza e la regolarità dei rapporti commerciali e contrattuali stipulati dell'azienda ortofrutticola con la grande distribuzione. Chiarita anche l'esigenza di affidarsi ad altri fornitori e non solo ai fratelli Miraglia finiti sotto processo per soddisfare la domanda di mercato.

Si torna in aula la fine del mese di marzo per l'escussione di ulteriori testi della difesa. Per la Procura di Santa Maria Capua Vetere che coordinò le indagini gli imputati avevano creato una stabile organizzazione attraverso la quale assumevano manodopera reclutata mediante l'attività di intermediazione illecita svolta dai caporali a cui si rivolgevano perlopiù donne e di nazionalità dell'Est Europa ma c'erano anche lavoratori africani. A capo di tale sistema clientelare di sfruttamento di manodopera per la Pubblica Accusa c'era Gennaro Bianchino dove Pasquale Miraglia era l'organizzatore e Vincenzo Miraglia e Francesco Pagliaro rivestivano il ruolo di partecipi.

I lavoratori sarebbero stati impiegati nei campi sotto la pioggia battente o anche sotto il sole cocente, sempre piegati e potevano assumere la posizione eretta solo per pranzo. I servizi igienici erano assenti. Venivano impiegati 11 ore al giorno per una retribuzione media giornaliera di 4,50 euro. Per la Procura il business di esseri umani fruttò un introito illecito di circa 2 milioni di euro.

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