Messaggi dal carcere: condannata lady Setola

Dall'interno del carcere, attraverso la moglie, il boss Giuseppe Setola mandava messaggi agli affiliati e continuava a chiedere il pizzo. Per questo motivo la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per Stefania Martinelli, coniuge del killer del clan dei Casalesi.

La seconda sezione penale della Suprema Corte - presieduta dal giudice Mirella Cervadoro - ha rigettato in toto il ricorso presentato da Lady Setola e dal padre, Silvio Martinelli, quest'ultimo accusato solo di ricettazione di somme di denaro di provenienza illecita. 

Secondo quanto accertato nei due gradi di giudizio Stefania Martinelli, 40 anni, nel corso di due colloqui in carcere, avvenuti tra maggio e giugno del 2010, avrebbe fatto da "messaggera" tra il boss, rinchiuso al carcere duro, e Luigi Martino (assolto) detto Carletto, per prendere contatti con il titolare di un caseificio per chiedergli una somma di denaro necessaria a soddisfare i bisogni del clan. E nel colloquio successivo la Martinelli conferma al marito che il messaggio era stato recapitato al punto che la stessa vittima confermerà ai carabinieri di aver conosciuto la donna e che gli si presentò come "cugina" di Setola.

Per quanto riguarda, invece, la ricettazione di beni è stata la stessa Martinelli a ricevere da Nicola Schiavone (figlio di Sandokan ed oggi collaboratore di giustizia) 11 mensilità di stipendio per il marito. Tra le contestazioni, inoltre, il reimpiego di proventi di origine delittuosa, tra cui anche orologi e gioielli, per un valore complessivo di 50mila euro. 

Per quanto riguarda Silvio Martinelli, invece, la Cassazione ha confermato la condanna per un episodio di riciclaggio da 20mila euro "derivanti dai beni costituenti provento di pregresse imprese criminose" di Setola e depositate presso il suocero, chiamato "babbone". Soldi reinvestiti dalla Martinelli per assicurare al marito "le cure necessarie in relazione ai propri problemi oftalnnologici e per le necessarie spese legali".