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Cronaca Castel Volturno

Coltivatori di marijuana per 'necessità', il giudice scarcera marito e moglie

Nella loro azienda agricola rinvenuti 750 chili di erba tra il pollaio ed il capanno. Liberi dopo la confessione

Tornano liberi Raffaele Zagaria e Giovanna Palazzo, rispettivamente di 74 e 64 anni, titolari di un'azienda agricola a Castel Volturno ritenuti responsabili di coltivazione e detenzione di sostanze stupefacenti. È quanto stabilito dal gip Ivana Salvatore del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in sede di udienza di convalida dell'arresto dei due coniugi 'coltivatori' dopo aver rigettato la richiesta, formulata dal pm Giacomo Urbano, di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari. La coppia è così tornata libera.

I due coniugi, difesi dagli avvocati Rosario Avenia e Rosa Nuzzo, nel corso dell'interrogatorio di convalida si sono avvalsi della facoltà di non rispondere rendendo però spontanee dichiarazioni. Entrambi hanno ammesso gli abbebiti dichiarandosi dispiaciuti del proprio comportamento. Presso l'azienda agricola di Giovanna Palazzo e Raffaele Zagaria - in via Primo Maggio a Castel Volturno - i carabinieri della stazione di Castel Volturno sabato 25 settembre hanno rinvenuto 750 chili di marijuana tenuta nel pollaio e nel capanno del foraggio.

Sono stati scoperti 18 arbusti di marijuana in essiccazione e 14 arbusti verdi tutti dell'altezza di più di 2 metri. Cinque piante di marijuana in essiccazione sono state trovate all'interno del pollaio appese mediante un cavo d'acciaio alla trave della tettoia. Altre 13 piante sempre in fase di essiccazione sono state scovate all'interno di capannoni adibiti alla conservazione del foraggio appese ad un altezza di 10 metri. Altri 14 arbusti in fase di coltivazione alti oltre 2 metri sono state rinvenute in un'area opportunamente creata ed irrigata in prossimità del pollaio.

All'esito della perquisizione i due coniugi sono stati poi tratti in arresto. Dinanzi al gip sammaritano hanno ammesso che hanno provveduto a piantare all'interno dell'azienda la marijuana provvededendo alla coltivazione ed essiccazione con l'intento di vendere droga a terzi e trarne profitto. I profitti dell'attività di coltivazione erano infatti destinati a far fronte alle esigenze del nucleo familiare indigente. Il giudice accogliendo la tesi difensiva e non ritenendo sussistente un concreto ed attuale pericolo di recidiva ha propeso per la scarcerazione dei 'coltivatori per necessità'.

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