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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

Boss dei Casalesi recluso al 41 bis: "Condizioni inumane in carcere"

Il cugino del capoclan Bidognetti si appella alla Cassazione ma le richieste vengono 'bocciate'

E’ detenuto al 41 bis nel carcere de L’Aquila ma ha lamentato “condizioni inumane” in carcere chiedendo al proprio avvocato di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Ma per il giudice non ci sono gli elementi per cambiare le condizioni di custodia cautelare nei confronti di Bernardo Cirillo, 62enne di Casal di Principe, cugino di Francesco Bidognetti detto Cicciotto ‘e mezzanotte.

Il rimedio risarcitorio era stato chiesto con riferimento alla presenza sul muro della sezione detentiva, in corrispondenza del bagno della cella del detenuto, di un oblò - spioncino, che consente all’agente di guardare all’interno del bagno e poi all’assenza nella cella del pulsante di spegnimento della luce nonché alle limitazioni subite dal detenuto in forza del regime di cui all’articolo 41 bis dell’ordinamento penale. Secondo il Tribunale di Sorveglianza, lo spioncino, presente in tutti gli istituti penitenziari, assolve a scopi e ad esigenze di sicurezza, essendo diretto ad accertare la presenza del detenuto nel servizio igienico; lo spioncino non permette una osservazione continua e sistematica del detenuto e il suo impiego è occasionale, solo nelle occasioni di emergenza; l’altezza a cui è posto, da una parte costringe l’agente penitenziario a chinarsi, dall’altra impedisce di osservare il detenuto mentre fruisce del WC. Non si è di fronte, quindi, a trattamento inumano e degradante, non ricorrendo una lesione della dignità e della sicurezza del detenuto. Il Tribunale riteneva, ancora, che la mancanza di un interruttore della luce interno alla cella, con conseguente necessità per il detenuto di chiedere alla Polizia penitenziaria di accenderla o spegnerla, non costituisce una situazione inumana o umiliante e risponde ad esigenze di sicurezza e di controllo. 

C’è stata poi una richiesta anche sulla limitata possibilità di permanenza negli spazi all’aria aperta ma “la stessa è prevista dal 41 bis, né era stata prodotta prova che tale limitazione o il divieto di cucinare cibi all’interno della cella avesse pregiudicato la salute del detenuto”. 

Il difensore di Bernardo Cirillo aveva presentato ricorso in Cassazione deducendo motivazione apparente e violazione di legge. Secondo la difesa la presenza dell’oblò - spioncino è illogica, atteso che lo stesso lede gravemente la privacy del detenuto e non è giustificabile sulla base di generici motivi di sicurezza. Analogamente la mancanza di interruttore per lo spegnimento della luce sottopone, secondo la difesa, il detenuto all’umiliazione di dover richiamare l’agente in piena notte, arrecando disturbo al riposo degli altri detenuti. Infine, la limitazione delle ore d’aria e il divieto di cuocere cibi all’interno della cella sono state dichiarate illegittime.

Ma per il giudice il ricorso deve essere rigettato perché è inammissibile. Si è affermato che la continua videosorveglianza del detenuto attuata con telecamera a bassa risoluzione, idonea a riprodurre solo immagini non a fuoco, installata nella cella con inquadratura verso l’area di ingresso del locale bagno, non costituisce di per sé un trattamento penitenziario inumano e degradante. Sul fatto del cibo l’amministrazione penitenziaria aveva sempre garantito il vitto ai detenuti: manca, comunque, qualsiasi richiamo ad una giurisprudenza consolidata della Corte EDU che stigmatizzi il divieto come trattamento inumano e degradante. Quindi ricorso inammissibile e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e tremila euro in favore della Cassa delle ammende. 
 

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