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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Parete

Centro di raccolta nel bene confiscato al 're delle ecomafie'

Progetto da 1.5 milioni di euro nell'ex Resit

Era il 15 giugno 2021 quando la giunta comunale guidata dal sindaco Gino Pellegrino approvava il progetto di fattibilità tecnica ed economica per la ‘riqualificazione degli spazi interni all’opificio industriale ex Resit’ per la realizzazione di un centro di raccolta a servizio del Comune di Parete. Un intervento da un milione e 481mila euro. Lo scorso 30 novembre 2021 veniva presentata un’istanza di finanziamento al Ministero dell’Interno per la Gestione dei Fondi europei e programmi operativi nazionali relativamente al programma operativo complementare ‘Legalità 2014-2020’. Circa due mesi dopo il Governo approvava l’intervento e lo ammetteva a finanziamento, e appena 15 giorni fa (precisamente il 22 marzo) il tecnico incaricato ha consegnato il progetto definitivo e così la giunta comunale ha dato il via libera anche ai lavori in quello che è stato in passato uno dei beni appartenuti al ‘re delle ecomafie’ Cipriano Chianese.

Ricordiamo che nel gennaio 2021, a due anni dalla sentenza di appello, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 18 anni di carcere, per associazione camorristica e avvelenamento di acque, nei confronti di Cipriano Chianese, avvocato e imprenditore ritenuto tra gli ideatori, per conto del clan dei Casalesi, del sistema delle ecomafie e dello smaltimento illecito dei rifiuti gestito dal boss Francesco Bidognetti. Chianese è stato riconosciuto responsabile del disastro ambientale della discarica Resit di Giugliano in Campania, da lui gestita e nella quale furono portati con la regia della camorra rifiuti di provenienza lecita e illecita. In assenza di adeguate misure di controllo, quella discarica si trasformò in una bomba ecologica.Storica era stata la sentenza di appello pronunciata a gennaio 2019, anche se era arrivata troppo tardi, con la prescrizione del reato di avvelenamento (confermati l’associazione camorristica e il disastro ambientale) e diversi assolti tra gli imputati accusati di aver contribuito allo scempio della Terra dei fuochi.

Una vicenda portata alla luce negli anni Novanta grazie al lavoro del poliziotto Roberto Mancini, il primo a indagare su quello sversamento illegale. L’indagine gli costò la vita: morì nel 2014 a causa di un tumore che gli era stato diagnosticato nel 2002, causato dal continuo contatto con i rifiuti tossici e radioattivi durante il suo lavoro d’inchiesta. Fece in tempo, però, nel 2011 a vedere la riapertura delle indagini ostacolate per diversi anni, ma non la sentenza di primo grado. Anche quella, del 2016, arrivata tardi. E dire che Chianese era stato già arrestato nel 1993 (e poi assolto), ma aveva continuato a gestire il traffico illecito dei rifiuti e, l’anno dopo, si era candidato alla Camera con Forza Italia. Perse per pochi voti. Fu arrestato ancora nel 2006 e infine nel 2013.

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