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Cronaca Casapesenna

Casalesi. Le accuse dei pentiti non bastano: i giudici dicono 'no' all'arresto dell'imprenditore

La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dai magistrati della Dda di Napoli

No all'arresto bis di Giuseppe Iannone ‘fautore’, secondo la Dda, del monopolio degli appalti Enel per conto del clan dei Casalesi. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dai magistrati di Napoli che avevano impugnato la decisione del Riesame di annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare per Giuseppe Iannone, suo figlio Mario ed il genero Mario Pellegrino, destinatari del provvedimento restrittivo emesso dal gip del Tribunale di Napoli lo scorso 30 giugno. I tre erano ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso esterno al gruppo camorristico Schiavone-Zagaria, estorsione, trasferimento fraudolento di valori ed impiego di denaro di provenienza illecita.

Le indagini, svolte dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta e coordinate dalla DDA partenopea, avevano ricostruito il business di Giuseppe Iannone che, dagli anni ’90, avvalendosi della forza di intimidazione del clan dei Casalesi, aveva conseguito la gestione quasi monopolistica degli appalti pubblici nell'agro aversano nell'ambito del settore degli scavi e della posa in opera di cavi elettrici per conto dell'Enel attraverso le società Alba 90 Srl, Siep Costruzioni e Elettrolima. Dopo che nel 2017 la società Alba 90 era stata raggiunta da interdittiva antimafia, Iannone aveva intestato fittiziamente la Siep Costruzioni, mera prosecuzione dell'Alba 90 al genero Mario Pellegrino e successivamente la Elettrolima al figlio Mario e alla nuora Giustina Amato continuando ad operare negli appalti per conto dell'Enel in violazione della normativa antimafia.

Secondo gli inquirenti i 3 imprenditori avrebbero minacciato i titolari della Cebat, ditta appaltatrice per la manutenzione delle linee aeree ed interrate in media e bassa tensione nella Provincia di Caserta, per gli anni 2017-2019 imponendo loro maestranze, mezzi delle imprese a loro riconducibili ed estromettendoli dagli appalti avvalendosi del favore del sodalizio criminale. Giuseppe e Mario Iannone avrebbero poi impiegato nella gestione economica delle loro società i proventi dell'attività estorsiva ai danni della Cebat.

Il legame di Iannone e famiglia col gruppo camorristico venne evidenziato da pentiti quali Nicola Schiavone e Giuseppe Misso. Una ricostruzione di affari di famiglia in odor di camorra che portò all'arresto dei 3 congiunti. Provvedimento restrittivo avverso il quale il difensore di Iannone e famiglia, l'avvocato Ferdinando Letizia proposte istanza di riesame che venne accolta dalla XXII Sezione del Riesame del Tribunale di Napoli presieduta dal giudice Francesco Cananzi che dispose la scarcerazione di Giuseppe e Mario Iannone e di Mario Pellegrino.

La Prima Sezione della Suprema Corte, in udienza pubblica, dopo una lunga discussione dell'avvocato Ferdinando Letizia in accoglimento della tesi difensiva, ha rigettato il ricorso proposto dal PM della DDA partenopea Graziella Arlomede confermando la pronuncia del Riesame. Su questo punto poi si è cristallizzato il giudicato cautelare per mancanza di gravi indizi di colpevolezza.

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