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Cronaca Casal di Principe

Casalesi in Veneto, Schiavone in aula: "Avevamo gente a disposizione"

Il boss pentito spiega il sistema delle cellule esterne: "Dirette ed indirette" ma esclude incontro in un bar a Casale con Donadio e Buonanno

Quella di Eraclea non era una cellula diretta del clan dei Casalesi ma "avevamo gente a disposizione". Lo ha riferito Nicola Schiavone, primogenito del boss Francesco Sandokan, chiamato a testimoniare al maxi processo per le infiltrazioni dei Casalesi nel Nord Est. 

Schiavone, chiamato sul banco dei testimoni dalle difese degli imputati, ha precisato: "Ho fatto affari con persone del Nord: Emilia Romagna, Toscana, Lazio. C’erano territori dove investivamo e ricevevamo denaro e altri dove operavamo come clan, quindi attraverso sub-appalti e gioco d’azzardo, per poi riciclare denaro — ha precisato — Conosco Eraclea: in passato potevo contare su appoggi in Veneto ma non me ne sono mai servito, non conosco Donadio personalmente, né Raffaele Bonanno ha mai consegnato soldi a me in persona. Ma la gente parlava con i referenti sul territorio, non direttamente con me, quindi con i cugini Bianco, Augusto e Cesare", non indagati in questo procedimento. 

Schiavone jr ha poi precisato come funzionasse il clan fuori dal territorio di competenza. "Avevano due diversi tipi di cellule esterne — ha specificato Schiavone — dirette, che mandavamo noi, e indirette, composte da immigrati al nord che facevano riferimento a noi ma senza avere obblighi mensili: quando noi andavamo a nord si dovevano mettere a disposizione, in cambio della possibilità di sfruttare il nostro nome". E le emanazioni indirette godevano di una certa autonomia: "Se un nostro gruppo referente mette qualcuno fuori regione non è obbligato a dirmelo fino a quando non si creano problemi e non c’è bisogno dell’intervento del capo. Tra i casalesi c’è sempre stata questa libertà, nessuno era obbligato a dire nulla: io sapevo che chiamando i Bianco loro si sarebbero attivati, per il resto noi capi non dobbiamo per forza sapere tutto, non c’era un rapporto di dipendenza diretta".

Schiavone ha però escluso l'incontro con Donadio e Buonanno avvenuto, secondo quanto riferito dai collaboratori di giustizia Cristian Sgnaolin e da Salvatore Laiso, in un bar di Casal di Principe: "Sono sempre stato molto guardingo. Non ho mai fatto incontri nei bar", ha detto il figlio di Sandokan.

Nel corso dell'udienza sono stati escussi anche altri due pentiti di primo ordine del clan dei Casalesi: Mario Iavarazzo e Raffaele Bidognetti. Entrambi hanno negato che Raffaele Buonanno appartenesse al clan dei Casalesi: "Facevo gli stipendi ai detenuti e Buonanno non faceva parte del clan", ha ammesso Iavarazzo che poi ha rivelato la sua partecipazione al delitto di Crescenzo Laiso: "Ho partecipato come specchiettista. Quando Nicola Schiavone lo seppe si era molto seccato per questo", ha precisato. Si torna in aula poco prima di Natale. 

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Giuseppe Brollo, Giuseppe Stellato, Alberini, Gentilini, Antonio Sforza, Emanuele Fragrasso, Porta e Stefania Pattarello.

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