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Cronaca Casal di Principe

La mafia dei Casalesi in Veneto: chieste 23 condanne in Appello

I pubblici ministeri hanno concluso la loro requisitoria per gli imputati: invocata la conferma per l'ex sindaco di Eraclea

Sono 23 le richieste di condanna formulate dalla procura Antimafia al termine della lunga requisitoria nel processo d'Appello alla cellula del clan dei Casalesi attiva in Veneto.

Dopo le prime 9 richieste di condanna - relative agli imputati accusati di associazione mafiosa - la procuratrice generale Marina Carmela BarbaraIngoglia e il pubblico ministero Roberto Terzo hanno invocato la conferma di quasi tutte le condanne a carico degli imputati che avevano scelto il processo con abbreviato. In particolare, i pm hanno invocato 6 anni per Girolamo Arena, 38 anni di Palermo, divenuto collaboratore di giustizia; 12 anni per Antonio Basile, 60 anni di Napoli e residente a Mestre, per la sola partecipazione all'associazione di stampo mafioso; 3 anni e 8 mesi per Saverio Capoluongo, 44 anni di Casal di Principe; 6 anni e 8 mesi per Vincenzo Chiaro, 67enne di Castel Volturno; 9 anni e 6 mesi per Nunzio Confuorto, 48 anni di Afragola e residente ad Eraclea; 10 anni per Giacomo Fabozzi, 35 anni di Aversa e residente ad Eraclea; 9 anni per Tommaso Napoletano, 44 anni di Capua residente ad Eraclea; 4 anni e 6 mesi per Valentino Piezzo, 34 anni di Napoli e residente ad Eraclea; 6 anni e 6 mesi per Antonio Puoti, 34 anni di Aversa residente ad Eraclea; 3 anni e 8 mesi per Salvatore Salvati, 58 anni di Napoli residente ad Eraclea; 5 anni e 10 mesi per Cristian Sgnaolin, 47 anni di San Dona' di Piave; 6 anni e 6 mesi per Francesco Verde, 42 anni di Sant'Antimo residente ad Eraclea; 2 anni e 4 mesi per Vincenzo Vaccaro; 8 anni e 6 mesi per Berardino Notarfrancesco, 41 anni di Polla e residente ad Eraclea; 5 anni per Moreno Pasqual, 56 anni di San Dona' di Piave, ex poliziotto accusato di concorso esterno; 3 anni e 3 mesi per Graziano Teso, 72 anni ex vice sindaco di Eraclea; 8 mesi per l'avvocato penalista Annamaria Marin, a cui era stato concesso il beneficio della sospensione della pena; 4 anni e 8 mesi per Ennio Cescon, 56 anni di Noventa di Piave; 3 anni per Slavisa Ivkovic, 58 anni residente a Jesolo; 2 anni e 8 mesi per Amorino Zorzetto, 66 anni di Eraclea.

Rispetto al primo grado di giudizio la Procura Antimafia ha invocato l'assoluzione dal reato associativo per Fabrizio Formica, con la richiesta di condanna solo per le estorsioni. Chiesta la rideterminazione della pena per Antonio Cugno da 10 a 7 anni. Chiesta, infine, l'assoluzione per Daria Poles, condannata a 2 anni con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziale.

Nel corso della requisitoria - durata due udienze - i pm hanno ribadito con forza il "sistema Donadio" che configurerebbe un'associazione a delinquere di stampo mafioso attiva ad Eraclea per 20 anni. La sentenza è prevista per fine mese. Nel collegio difensivo sono stati impegnati, tra gli altri, gli avvocati Giuseppe Brollo, Mirella Baldascino, Mariarosaria Salvati, Boscoso,  Balduzzi, Grasso, Muzzu e Sforza.

L'inchiesta in cui gli imputati sono rimasti coinvolti riguardava le attività criminali del gruppo, guidato da Luciano Donadio e Raffaele Buonanno (entrambi a processo con rito ordinario) che si era insediato nel Veneto dagli anni '90 andando a rilevare le attività che erano sotto l'egemonia della Mala del Brenta. In questo modo il gruppo legato al clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, era riuscito a conquistare il controllo del tessuto economico veneto, dall'edilizia alla ristorazione, oltre ad imporre un "aggio" per il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione, con le ragazze che venivano assunte in aziende di comodo facenti capo a Donadio o a suoi prestanome.

L'organizzazione criminale, dedita all'usura ed all'estorsione, avrebbe destinato, secondo gli inquirenti della Dda, parte dei proventi illeciti per sostenere i carcerati di alcune famiglie storiche del sodalizio Casalese. Tra gli episodi emersi durante le indagini, durate circa un ventennio, anche bombe e spari per convincere gli imprenditori a pagare e far comprendere loro che con la camorra, anche in Veneto, non si scherzava. 

  

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