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Cronaca Casal di Principe

Casalesi in Veneto: 11 formalizzano l'abbreviato, 2 patteggiamenti

Altre 15 posizioni al vaglio dei giudici per incardinare riti alternativi. Regione e Cisl potranno costituirsi solo in dibattimento

Undici richieste di rito abbreviato. Sono quelle che sono già sul tavolo del giudice per l'udienza preliminare titolare del maxi processo sulle ingerenze del clan dei Casalesi in Veneto e che vede alla sbarra ben 76 imputati. Atre quindici posizioni saranno valutate nel corso della prossima udienza ed è probabile che verrà formalizzata la richiesta di rito alternativo anche per loro (due sono i patteggiamenti)

Nel corso dell'ultima udienza il giudice ha anche ammesso la costituzione in giudizio, già in udienza preliminare, per il Ministero dell'Interno, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell'Associazione Libera e della Cgil mentre la Cisl e la Regiove Veneto potranno costituirsi solo in dibattimento. Il processo riprenderà nei prossimi giorni. Nel collegio difensivo sono impegnati, tra gli altri, gli avvocati Mirella Baldascino, Giuseppe Stellato, Alfonso Quarto, Gennaro Caracciolo, Carlo De Stavola, Ferdinando Letizia, Elena Schiavone, Ciro Balbo.

Le indagini, che hanno portato al maxi blitz dell'anno scorso, hanno consentito di evidenziare come l’organizzazione risulti formata già alla fine degli anni '90 da Luciano Donadio, originario dell'agro aversano e residente ad Eraclea, Raffaele Buonanno di San Cipriano d’Aversa domiciliato a Casal di Principe ed Eraclea, Antonio Buonanno di San Cipriano d’Aversa e residente a Casal di Principe. Con gli 'organizzatori' c’era poi un folto gruppo di persone originarie di Casal di Principe e dell’agro aversano, tra cui Antonio Puoti, Antonio Pacifico, Antonio Basile, Giuseppe Puoti, Nunzio Confuorto, poi implementata da altri soggetti campani e non come Girolamo Arena, Raffaele Celardo, Christian Sgnaolin.

Leader del gruppo camorristico erano Luciano Donadio e Raffaele Buonanno, quest’ultimo imparentato tramite la moglie con esponenti di vertice dai clan Bianco e di Francesco Bidognetti, ‘Cicciotto 'e Mezzanotte’. Il clan, come emerge dall’inchiesta, si era insediato nel Veneto orientale rilevando il controllo del territorio dagli ultimi epigoni locali della “Mala del Brenta”, con i quali sono stati comprovati i contatti.

Dall’indagine risulta inoltre come, con violenze e minacce, il clan agiva per conquistare il controllo delle attività economiche, in particolare nel ramo dell’edilizia e della ristorazione, oltre ad imporre ai sodalizi criminali limitrofi un ‘aggio’ per il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione. L’organizzazione sgominata ha operato inizialmente soprattutto nel settore dell’edilizia, dedicandosi all’usura e alle estorsioni, specializzandosi poi nel settore delle riscossioni crediti per conto di imprenditori locali.

Una quota dei profitti del gruppo camorristico era poi destinata a sostenere finanziariamente i carcerati di alcune storiche famiglie di Casal di Principe, cui l’organizzazione era legata e della quale costituiva il gruppo criminale referente per il Veneto orientale.

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