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Cronaca Casal di Principe

Parla l’uomo accusato di essere il boss dei Casalesi in Veneto: “Mai conosciuto Sandokan”

Donadio è intervenuto in videocollegamento. “Le armi che detenevo erano finte…”

"Non ho mai conosciuto Francesco Schiavone detto Sandokan". Lo ha dichiarato il presunto boss Luciano Donadio nel corso del processo alla cellula del clan dei Casalesi attiva in Veneto, in particolare nella zona di Eraclea.

Donadio è intervenuto in videocollegamento con il carcere rendendo spontanee dichiarazioni. Ha evidenziato come il nome di Sandokan sarebbe venuto fuori da un intercettazione con il commercialista in cui si commentavano delle mozzarelle del caseificio Schiavone di Casal di Principe. Alla curiosità del professionista Donadio avrebbe replicato: "E' un cognome molto diffuso". Poi la sua lunga dichiarazione si è concentrata sulle armi ritenute in suo possesso. "Sono finte. Si tratta di modellini che ho in una bacheca nel mio studio. Non ho mani sparato a nessuno, sono leggende metropolitane". E sulle dichiarazioni della sua ex segretaria Claudia Zennaro (anche lei imputata) che aveva riferito di "aver paura" di Donadio, il presunto boss ha replicato: "Sono di indole onesta, queste accuse sporcano la mia dignità". Donadio ha poi riferito di aver aiutato tante persone in difficoltà: "Sono generoso di carattere, per questo mi trovo in tanti discorsi di mediazione", ha detto.

Dopo Donadio è stata la volta dell'ex sindaco di Eraclea Mirco Mestre accusato di aver ottenuto un'ottantina di voti da Donadio in cambio di favori futuri, tra cui l'interessamento per la realizzazione di un impianto biogas a Stretti. Mestre ha di conoscere Donadio perché "era cliente del mio studio legale" e che lui stesso da civilista avrebbe curato per lui "cinque o sei pratiche". Un rapporto professionale su cui "ho sempre fatturato tutto e sono sempre stato pagato". Poi ha ribadito di "non aver mai avuto il sentore che ad Eraclea ci fosse la mafia".

Ma quel che interessa i pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini sono i rapporti politici e gli intrecci tra l'ex sindaco ed il presunto boss in occasione della campagna elettorale. Ha ammesso di averlo incontrato una sola volta al gazebo in piazza "ha detto che mi avrebbe votato ma dopo un minuto era al gazebo dell'altro candidato". Sul pacchetto di 80 voti che Emanuele Zamuner (anche coinvolto) avrebbe chiesto a Donadio, Mestre ha dichiarato di non esserne a conoscenza o meglio "non gli ho mai dato questo incarico".

Si torna in aula a metà ottobre per la fine dell'esame dell'ex sindaco Mestre ed il controesame da parte dei difensori.  Il processo vede alla sbarra una quarantina di imputati tra cui Luciano Donadio, considerato il boss di Eraclea, Raffaele ed Antonio Buonanno di San Cipriano d'Aversa ed Antonio Pacifico, di Casal di Principe. Secondo quanto emerso dalle indagini il gruppo, guidato da  Donadio e Raffaele Buonanno, si era insediato nel Veneto dagli anni '90 andando a rilevare le attività che erano sotto l'egemonia della Mala del Brenta. In questo modo il gruppo legato al clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, era riuscito a conquistare il controllo del tessuto economico veneto, dall'edilizia alla ristorazione, oltre ad imporre un "aggio" per il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione. L'organizzazione criminale, dedita all'usura ed all'estorsione, avrebbe destinato, secondo gli inquirenti della Dda, parte dei proventi illeciti per sostenere i carcerati di alcune famiglie storiche del sodalizio Casalese.

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Giuseppe Brollo, Giuseppe Stellato, Antonio Forza, Emanuele Fragrasso, Stefania Pattarello e Gentilini.

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