A processo per caporalato, svolta per 4 imprenditori
Revocate le misure cautelari di cui gli imputati erano destinatari
Nessuna misura cautelare per Gennaro Bianchino, i fratelli Vincenzo e Pasquale Miraglia e Francesco Pagliaro ritenuti responsabili di associazione a delinquere dedita allo sfruttamento del lavoro e dell'intermediazione illecita di manodopera (caporalato). È quanto disposto dalla Terza Sezione Penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere in composizione collegiale presieduta da Francesco Rugarli che ha accolto le istanze dei legali degli imputati gli avvocati Giovanni Lavanga e Angelo Raucci revocando le misure cautelari di cui gli imputati erano destinatari (obbligo di dimora e di firma).
Per l'ufficio inquirente di Santa Maria Capua Vetere che coordinò le indagini svolte dalla guardia di finanza di Mondragone e dai carabinieri del Reparto Territoriale mondragonese Bianchino, i germani Miraglia e Pagliaro avrebbero creato una stabile organizzazione attraverso la quale assumevano ed impiegavano manodopera reclutata grazie all'intermediazione illecita dei caporali a cui si rivolgevano perlopiù donne di nazionalità bulgara, rumena, africana per essere impiegate nei campi dei comuni di Falciano del Massico, Mondragone, Carinola, Villa Literno, Grazzanise, Castel Volturno. Secondo gli inquirenti a capo di tale sistema clientelare di sfruttamento della manodopera c'era Gennaro Bianchino. Un business di essere umani che fruttò un introito illecito di circa 2 milioni di euro.