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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

Il boss dei Casalesi interviene per "punire" un bulletto di 13 anni

Il retroscena su Donadio raccontato dalla sua ex segretaria: "Avevo paura ma mi rivolsi a lui"

Quando un bulletto di 13 anni stava dando fastidio a suo figlio non si sarebbe fatta scrupoli a rivolgersi a Luciano Donadio, il presunto boss della cellula dei Casalesi attiva nella zona di Eraclea, per farlo smettere. E' quanto emerso nel corso dell'esame di Claudia Zennaro, segretaria di Donadio tra il 2011 ed il 2014, che ha risposto alle domande del pm e delle difese nel corso del maxi processo all'aula bunker del tribunale di Venezia.

La donna, tra le lacrime che hanno caratterizzato il suo esame, ha spiegato di aver paura di Donadio, uno che "bastava che parlasse per farti abbassare lo sguardo", anche se "a me non ha mai fatto nulla". Ma nonostante il timore reverenziale verso il presunto boss, che si vantava di "essere amico di Sandokan", mantenne i suoi rapporti con lui anche dopo la fine della sua attività lavorativa: "un rapporto di amicizia soft", lo ha definito Zennaro in aula.

Così nel 2018 non si fece problemi a rivolgersi a Donadio per risolvere un problema di bullismo a scuola. Qualche ragazzino avrebbe iniziato a prendere di mira il figlio di Claudia Zennaro così si rivolse al presunto boss dei Casalesi che avrebbe mandato uno dei suoi uomini di fiducia a parlare con un ragazzino di 13 anni per farlo smettere. Sul perché - nonostante le paure - si fosse rivolta a Donadio, Zennaro ha replicato: "Farei di tutto per mio figlio". E in cambio del favore "mi chiese di tenere a casa dei documenti perché aveva paura di indagini e perquisizioni", ha chiarito. 

Durante i suoi 3 anni di lavoro da Donadio, Zennaro sarebbe venuta a conoscenza dei suoi affari illeciti. Ha parlato di Raffaele Buonanno, ritenuto il braccio destro di Donadio: "Uno che parlava poco ma so che era suo socio". E su Buonanno ha anche riferito di due polizze assicurative ritenute irregolari: "Ero un procacciatore presso una compagnia assicurativa", ha replicato Buonanno in videocollegamento. 

Poi le false assunzioni ed i rapporti tra Donadio e l'ex direttore delle filiali di Jesolo e Musile del Piave del Monte dei Paschi di Siena, Denis Poles che per Zennaro avrebbe saputo delle assunzioni false: "Donadio diceva che grazie a lui (Poles nda) poteva fare tutto quello che voleva. Credo lo facesse per fare una vita serena e stare tranquillo", ha chiarito ancora l'ex segretaria.

Si torna in aula la prossima settimana. Il processo vede alla sbarra una quarantina di imputati tra cui Luciano Donadio, considerato il boss di Eraclea, Raffaele ed Antonio Buonanno di San Cipriano d'Aversa ed Antonio Pacifico, di Casal di Principe. Secondo quanto emerso dalle indagini il gruppo, guidato da  Donadio e Raffaele Buonanno, si era insediato nel Veneto dagli anni '90 andando a rilevare le attività che erano sotto l'egemonia della Mala del Brenta. In questo modo il gruppo legato al clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, era riuscito a conquistare il controllo del tessuto economico veneto, dall'edilizia alla ristorazione, oltre ad imporre un "aggio" per il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione. L'organizzazione criminale, dedita all'usura ed all'estorsione, avrebbe destinato, secondo gli inquirenti della Dda, parte dei proventi illeciti per sostenere i carcerati di alcune famiglie storiche del sodalizio Casalese. 

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Giuseppe Brollo, Giuseppe Stellato, Antonio Forza, Stefania Pattarello e Gentilini.   

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