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Cronaca Casapesenna

Zagaria comanda il clan dal carcere: "Condannate il boss a 16 anni"

Gli ordini impartiti durante i colloqui con i familiari e i messaggi ai processi

Sedici anni. Questa la richiesta formulata dal pubblico ministero Maurizio Giordano nei confronti di Michele Zagaria, accusato di aver guidato il clan dei Casalesi ben oltre il suo arresto, avvenuto a Casapesenna nel dicembre 2011, attraverso i colloqui con i familiari nel carcere di Opera e le dichiarazioni durante i processi nei quali in cui era imputato ed a cui partecipava in videocollegamento. 

La Dda ha passato al setaccio anni di colloqui, di parole dette e non dette, di sguardi e segnali come quello fatto strofinando l'indice ed il pollice della mano a sua sorella Gesualda. Segni di soldi e sguardi complici finiti nelle relazioni di servizio della polizia penitenziaria che assisteva a quei colloqui. Parole criptiche come il sogno di una lavatrice che si è bruciata mentre era da un'altra sua sorella. 

Frasi sibilline pronunciate nei colloqui in carcere e durante i processi come la "stima per i propri coimputati" ed la non approvazione per la scelta di Nicola Schiavone di collaborare con la giustizia: "Stimo suo padre ma non lui", disse durante una delle udienze il capoclan. Circostanze che hanno portato la Dda a formulare una nuova imputazione di associazione di stampo mafioso per il periodo dal 2014 al 2020. 

Un'accusa ripercorsa durante la lunga requisitoria pronunciata dal pm Maurizio Giordano dinanzi alla corte presieduta dal giudice Marina Napolitano del tribunale di Napoli Nord al termine della quale ha invocato una condanna a 16 anni di carcere per il boss dei Casalesi. Si torna in aula a inizio luglio per le discussioni dei difensori di Zagaria, gli avvocati Emilio Martino e Paolo Di Furia. Poi sarà sentenza. 

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