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Cronaca Casal di Principe

Casalesi in Veneto, i boss a processo restano in carcere

Sospesi i termini di custodia cautelare fino alla sentenza

Sospesi i termini di custodia cautelare per il presunto boss Luciano Donadio, ritenuto il capo della 'cupola' Casalese in terra veneta, e dei suoi sodali. Lo ha deciso il collegio presieduto dal giudice Roberto Manduzio del tribunale di Venezia dinanzi al quale si sta celebrando il processo di primo grado ad una quarantina di imputati coinvolti nella maxi inchiesta della Dda della Serenissima. 

Confermate, dunque, le misure a cui diversi imputati - tra cui Donadio ed il suo braccio destro Raffaele Buonanno - sono sottoposti da oltre 3 anni. Il processo ha subito una battuta d'arresto con l'impedimento di un giudice che ha fatto saltare le prossime due udienze in programma. Si torna in aula a inizio luglio quando proprio Buonanno si sottoporrà all'esame dei pubblici ministeri.

Il processo vede alla sbarra una quarantina di imputati tra cui Luciano Donadio, considerato il boss di Eraclea, Raffaele ed Antonio Buonanno di San Cipriano d'Aversa ed Antonio Pacifico, di Casal di Principe. Secondo quanto emerso dalle indagini il gruppo, guidato da  Donadio e Raffaele Buonanno, si era insediato nel Veneto dagli anni '90 andando a rilevare le attività che erano sotto l'egemonia della Mala del Brenta. In questo modo il gruppo legato al clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, era riuscito a conquistare il controllo del tessuto economico veneto, dall'edilizia alla ristorazione, oltre ad imporre un "aggio" per il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione. 

L'organizzazione criminale, dedita all'usura ed all'estorsione, avrebbe destinato, secondo gli inquirenti della Dda, parte dei proventi illeciti per sostenere i carcerati di alcune famiglie storiche del sodalizio Casalese.

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