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Cronaca Sant'Arpino

Camorra ed appalti, 52 arresti. Ai domiciliari ingegnere casertano

Avrebbe intascato insieme ad un collega 29mila euro

Ottantaquattro indagati totali, di cui 36 finiti in carcere ed altri 16 ai domiciliari. In più un maxi sequestro da 150 milioni di euro, tra Ferrari e imbarcazioni, immobili e quote societarie. C’è questo nell’inchiesta condotta dai carabinieri del Ros contro il clan Moccia: gli inquirenti contestano, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, estorsione, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio, fittizia intestazione di beni, corruzione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, ricettazione, favoreggiamento, reati aggravati dalla finalità di agevolare il clan napoletano.

Tra i destinatari delle misure cautelari i fratelli Antonio, Angelo e Luigi Moccia (questi ultimi trasferitisi da tempo a Roma) e un loro cognato, Filippo Iazzetta. Per gli appalti di RFI, i Moccia si avvalevano, secondo la Procura, di un gruppo di imprenditori, ritenuti legati al clan, le cui imprese possedevano regolari titoli e certificazioni antimafia. Ai domiciliari, in questo contesto, sono finiti due funzionari dell’unità territoriale di Napoli Est con l’accusa di corruzione Salvatore Maisto di Sant’Arpino e l’avellinese Stefano D. Avrebbero intascato 29mila euro.

Tra gli appalti dell’Alta Velocità finiti nelle mani delle imprese legate alla camorra ci sarebbe anche quello per la manutenzione nella stazione di Afragola. Il reato di favoreggiamento, infine, viene contestato anche a un tecnico dipendente di una società fornitrice di strumentazione idonea alle intercettazioni a varie Polizie Giudiziarie e Autorità Giudiziarie, che si è prestato per bonificare dalle microspie gli uffici di alcuni imprenditori. Dalle indagini è emerso anche che il clan era impegnato da tempo in una campagna di delegittimazione fatta di denunce ed esposti contro collaboratori di giustizia, esponenti delle forze dell’ordine e dell’Autorità Giudiziaria.

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