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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Casal di Principe

Dante Apicella parla con i magistrati: "Fratelli Schiavone legati a Sandokan e Walter Scarface"

L'imprenditore ha reso almeno due interrogatori con i pm ma non si è formalmente pentito

L'imprenditore Dante Apicella, già condannato nel maxi processo Spartacus I e ritenuto collettore degli interessi del clan dei Casalesi, parla con i magistrati della Dda. Bene chiarirlo subito, Apicella non si è pentito (ha confermato la nomina dei suoi due avvocati Carlo De Stavola e Claudio Botti) ma sta di fatto che l'impenditore 56enne ha reso alcuni interrogatori agli organi inquirenti che sono finiti nel maxi processo sugli appalti nelle Ferrovie affidati agli imprenditori Nicola e Vincenzo Schiavone, che per la Dda sarebbero cresciuti proprio grazie al contributo del capoclan Francesco Sandokan. 

Apicella - che ha ammesso di temere ritorsioni da parte degli altri codetenuti come accaduto in occasione di un precedente interrogatorio - ha raccontato i suoi rapporti con altri imprenditori imputati al processo - per cui è in corso l'udienza preliminare - e del sistema che gli permetteva di ricevere appalti anche pubblici, come quelli nei comuni di Casal di Principe e Villa di Briano. Lavori che sarebbero stati aggiudicati "grazie all'interessamento di Nicola Schiavone cl.79", il figlio di Sandokan oggi collaboratore di giustizia, a cui avrebbe versato poi la quota "150mila euro" per i lavori di Villa di Briano "di cui 50mila in ragione della promessa di un lavoro a San Marcellino che non andò in porto". Tra gli imprenditori di riferimento di Nicola Schiavone, Apicella indica anche Nicola Schiavone detto il rosso, arrestato nella giornata di lunedì.

Apicella ha riferito di un sistema di lavori appaltati e subappaltati alla sua ditta e la spartizione dei lavori con vari imprenditori, tutti coinvolti nell'inchiesta. In particolare ha fatto riferimento a Gennaro Diana, 67 anni; Augusto Gagliardo, Luigi Belardo, Antonio Magliulo, Pasquale ed Antonio D'Abrosca, Luigi Scalzone, Mario e Fioravante Zara per citarne alcuni citati nel coso dell'interrogatorio. Inoltre, ha chiarito dei suoi rapporti con Nicola e Vincenzo Schiavone: "erano legati rispettivamente a Francesco detto Sandokan e Walter Schiavone". 

Il verbale di Apicella è stato depositato stamane in udienza con il gup Aufieri del tribunale di Napoli che ha rinviato l'udienza a inizio dicembre. Complessivamente sono 68 le persone che rischiano il processo. Sono accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso, all'estorsione, intestazione fittizia di beni, turbativa d'asta, corruzione, riciclaggio con l'aggravante della metodologia mafiosa ma anche rivelazione di atti coperti dal segreto delle indagini. 

Tre i filoni d'inchiesta finiti al centro dell'indagine della Dda di Napoli e della Dia. Uno riguarda le figure di Nicola e Vincenzo Schiavone. Per gli inquirenti, Nicola Schiavone - padrino di battesimo dell'omonimo figlio di Sandokan - sarebbe cresciuto da un punto di vista imprenditoriale grazie ad un patto stretto con il capoclan dei Casalesi. "Ha usato il lievito madre" di Sandokan, per dirla con le parole della moglie del boss Giuseppina Nappa. E gli affari sono cresciuti al punto che gli Schiavone sarebbero stati di casa nel palazzo di Rfi a Roma dove avrebbero ottenuto commesse in cambio di mazzette e regali, come la vacanza di lusso in costiera offerta all'ex dirigente Rfi Massimo Iorani.

I soldi sarebbero stati ripuliti attraverso un altro imprenditore, Dante Apicella, con cui le attività degli Schiavone si sarebbero incrociate. Emergono dalle indagini, infatti, fatture pagate ad Apicella dagli Schiavone attraverso società ritenute di comodo. Gli ulteriori accertamenti hanno fatto emergere le attività di Apicella, svolte anche attraverso una rete di prestanome, che ha sia continuato ad operare - nonostante la condanna nel processo Spartacus - nel settore degli investimenti e degli appalti sia a fungere da collettore - è questa la tesi della Dda - delle somme di denaro pagate dagli imprenditori avvantaggiati negli appalti grazie all'intervento del clan. 

Infine il terzo filone riguarda la rivelazione degli atti coperti da segreto e vede coinvolti il banchiere Francesco Chianese, l'imprenditore Crescenzo De Vito - socio di Nicola Schiavone - l'avvocato Matteo Casertano ed il maresciallo in servizio alla pg di Napoli Giuseppe Febbraio. 

Nel collegio difensivo, tra gli avvocati impegnati, Giovanni Esposito Fariello, Umberto Del Basso De Caro, Mario Griffo, Mirella Baldascino, Alfonso Furgiuele, Carlo De Stavola, Angelo Raucci, Antonio Ciliberti, Claudio Botti, Mauro Valentino, Ferdinando Letizia, Pasquale Diana, Giuseppe Stellato, Alessandro Ongaro, Antonio Cardillo, Domenico Caiazza, Fabio Segreti, Maddalena Russo, Gianluca Giordano, Carmine Speranza, Alfonso Quarto, Michele Coronella, Emilio Martino, Lia Colizzi, Carlo Madonna, Vincenzo Maiello, Lucio Cricrì, Michele Riggi.

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