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Cronaca Casal di Principe

Il boss dei Casalesi al carcere duro dopo il “mancato pentimento”

La sentenza della Cassazione svela un particolare inedito: “Sembrava volesse collaborare, poi si è tirato indietro”

No alla revoca del carcere duro per Massimo Alfiero. E’ questa la decisione della Corte di Cassazione che ha confermato quanto già disposto dal tribunale di sorveglianza di Roma che aveva respinto il ricorso presentato da Massimo Alfiero, 46 anni di Casal di Principe, ritenuto dagli inquirenti un boss dei Casalesi.

La decisione degli ermellini si basa su due elementi fondanti: in primis Alfiero è stato a capo di un gruppo di fuoco dell’organizzazione criminale ed è considerato un “affiliato storico”. In secondo luogo, la moglie ha continuato a prendere lo stipendio dalle casse del clan anche dopo il suo arresto (e per questo è stata anche indagata).

Non da meno, sottolineano gli ermellini, richiamando anche la decisine del tribunale di sorveglianza, anche altri esponenti della sua famiglia (come il fratello) “risultavano legati agli ambiti della criminalità organizzata). Alfiero, oltretutto, “sembrava volesse collaborare con la giustizia, ma poi si è tirato indietro” mantenendo “un rapporto capitare col territorio” e “l’interruzione della sua collaborazione aveva rinforzato i legami criminali”. Su queste basi è stato respinto il ricorso che chiedeva di revocare la proroga del carcere duro (41 bis).

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