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Cronaca Marcianise

Annullato l'arresto del patron dell'Interporto e del suo braccio destro

Barletta è stato scarcerato. Accolta l'istanza anche per altri 2 indagati

Annullate le ordinanze cautelari a carico di Giuseppe Barletta, patrone dell’Interporto Sud Europa, e delle altre tre persone coinvolte nell’inchiesta ‘The Family’ portata avanti dalla Guardia di Finanza relativamente all’indagine sulla bancarotta fraudolenta e l’autoriciclaggio. Il tribunale del Riesame ha accolto le istanze presentati dagli avvocati difensori (Alberto Barletta, Mauro Iodice, Amedeo Barletta, Giuseppe Bojano) ed ha disposto la scarcerazione di Barletta e del suo fidato collaboratore Nicola Berti, che erano finiti agli arresti domiciliare. Annullato anche l’obbligo di firma a carico di Gennaro Mancini, già amministratore di diverse società del gruppo, in qualità di presidente del consiglio direttivo del Consorzio “Cogeri”, e Giuseppe Pisanti, anch’egli fiduciario del gruppo di società che fanno capo a Barletta, che è indagato per aver “dolosamente agevolato” la bancarotta concordataria dell’allora holding di gruppo, la Sep 92 sr. “Fin dalla prima notifica, Giuseppe Barletta si era dichiarato fiducioso nell'operato della magistratura nel suo complesso, mostrando ampia collaborazione con l'autorità giudiziaria al fine di far luce su tutti gli aspetti all'attenzione della procura sammaritana per chiarire e meglio interpretare tutte le condotte sottese alle varie operazioni societarie oggetto dell’indagine” hanno affermato gli avvocati dell'imprenditore, Alberto Barletta e Mauro Iodice.

Le accuse della Procura

L’ipotesi accusatoria è che dal 2006 il gruppo di società facenti capo a Barletta, dopo essere stato individuato, dagli enti pubblici competenti, quale soggetto attuatore dell"Accordo di programma" finalizzato alla realizzazione dell'lnterporto di Maddaloni-Marcianise, attraverso la costruzione del centro logistico intermodale e del centro commerciale Campania, ha posto in essere una strategia volta a distrarre le liquidità di alcune società del medesimo gruppo, che avevano gestito i progetti infrastrutturali e che nel tempo avevano dolosamente accumulato ingentissimi debiti tributario (per oltre 130 milioni di euro), anche attraverso ripetuti omessi versamenti delle imposte dovute. Ed è stata proprio l’esposizione debitoria verso il Fisco delle società di Barletta ad indurre la Procura a promuovere, già nel 2015, il ricorso di fallimento nei confronti di 3 società del medesimo gruppo. Il ricorso della Procura veniva, tuttavia, "paralizzato" attraverso la presentazione di dilatori piani concordatari, prevalentemente liquidatori, poi garantiti nella loro fattibilità proprio dalle medesime imprese del gruppo, in precedenza beneficiarie dei flussi distrattivi. Nel dettaglio, attraverso un analitico esame delle movimentazioni finanziarie di tutte le aziende interessate alle procedure concorsuali, è stato possibile ricostruire una serie di operazioni economicamente irragionevoli ed estranee allo stesso oggetto sociale, poste in essere contestualmente all'aggravarsi della situazione debitoria nei confronti del Fisco. Infatti, invece di pagare le imposte dovute, sono stati disposti bonifici per svariati milioni di euro a favore di altre imprese del grappo a mero titolo di finanziamento, al solo fine di drenare la liquidità formatasi e dirottarla, per gran parte, all'estero, sottraendo ogni risorsa finanziaria all'eventuale azione di riscossione coattiva da parte dell'erario. Complessivamente i flussi distrattivi sono stati quantificati, per difetto, in oltre 36,7 milioni di euro, eseguiti attraverso un sistema di scatole cinesi e di ripetuti trasferimenti finanziari infragruppo, che hanno avuto il fine ultimo di arricchire le casse delle società "forzieri" del gruppo, alcune delle quali collocate all'estero (in Olanda).

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