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Cronaca San Prisco

11 ARRESTI Lo spaccio di droga "su appuntamento" al bar

Quattro indagati: c'è anche un minorenne. Il figlio dell'angelo di Carditello vendeva stupefacenti dai domiciliari

Sei mesi per delineare l'associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Le indagini, coordinate dal pm Luigi Landolfi della Dda e condotte dai carabinieri della stazione di San Prisco - guidata dalla compagnia di Santa Maria Capua Vetere di cui è comandante il capitano Emanuele Macrì - hanno consentito di svelare come funzionava l'attività di spaccio dei pusher nel periodo tra ottobre 2015 e marzo 2016.

I RUOLI

Il capo della banda era Tommaso D'Angelo, 46 anni di San Prisco. Era lui ad avere i contatti con Francesco Dell'Imperio, 30enne di Frignano, da cui il gruppo acquistava lo stupefacente da rivendere al dettaglio. A D'Angelo facevano capo, poi, i diversi pusher delle zone di Santa Maria Capua Vetere e San Prisco. Gli spacciatori - a cui sono contestate diverse cessioni di droga, prevalentemente hashish e cocaina - erano consapevoli dei singoli ruoli all'interno dell'associazione a delinquere e delle diverse zone di competenza stabilite dal capo D'Angelo. Inoltre, essendo consapevoli del proprio ruolo all'interno del gruppo, promotori e "spacciatori semplici" cambiavano spesso scheda telefonica per eludere eventuali intercettazioni da parte delle forze dell'ordine.

LA DROGA FUORI AL BAR

Le modalità dello spaccio erano sempre le stesse, a testimonianza del fatto che la banda era ben organizzata. L'acquirente contattava telefonicamente il pusher di turno per acquistare droga. Il linguaggio nel corso delle conversazioni era criptico: “somme di danaro” per indicare la “cocaina”, prendere un caffè per determinare l’incontro, “cose buone buone”, “documenti”, “libretti”, “1 Kg. di vongole”, “macchina marrone e macchina bianca”. Dopo aver preso il contatto e fissato l'appuntamento avveniva la cessione dello stupefacente.

Dalle indagini è emerso come il gruppo incontrasse i clienti all'esterno di un bar di San Prisco (è accaduto in diverse occasioni) o in altri luoghi. Altra base di spaccio erano le palazzine popolari a Santa Maria Capua Vetere dove D'Angelo aveva alcuni spacciatori di riferimento.

IL FIGLIO DELL'ANGELO DI CARDITELLO SPACCIAVA DAI DOMICILIARI

Tra le persone coinvolte nell'inchiesta c'è anche Giovanni Cestrone, 23enne di San Prisco e figlio dell'indimenticato "Angelo di Carditello" Tommaso Cestrone. Secondo quanto emerso dalle indagini Cestrone faceva parte dell'associazione in qualità di spacciatore. Diverse le cessioni di droga per conto dell'associazione accertate, nonostante in quel periodo fosse sottoposto al regime degli arresti domiciliari. 

I MUSCHILLI DELLA BANDA

Non è stato colpito da misura cautelare ma è indagato anche Salvatore R.. Il ragazzo, nato nel 1998, secondo quanto raccolto dagli inquirenti ha fatto parte dell'associazione guidata da D'Angelo fino al marzo 2016, quando aveva appena 17 anni. Il suo ruolo era quello di spacciatore, cedendo la droga per conto dell'associazione. Il ragazzo non è stato arrestato proprio in virtù della sua minore età al momento della commissione dei reati.

GLI INDAGATI A PIEDE LIBERO  

Oltre al baby-pusher ci sono altre tre donne, un'italiana e due di origine straniera, che sono indagate a piede libero e per le quali il gip non ha ritenuto doversi procedere con l'applicazione di misure cautelari in quanto risulta essere accertata la cessazione dei loro rapporti con la banda. 

Nel corso delle indagini, infine, ci sono stati arresti in flagranza. Sono state arrestate tre persone e sequestrati circa 600 grammi di hashish. Nell'aprile 2017, inoltre, venne arrestata anche la moglie di Tommaso D'Angelo per il possesso di 133 grammi di cocaina.

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