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Cronaca San Marcellino

Un tunnel di 200 metri per sbucare nelle Poste: a capo della banda il 'Maradona delle fogne'

Ecco chi sono i 6 fermati nel blitz di polizia e carabinieri. Volevano sequestrare dipendenti e la direttrice per portare via i soldi delle pensioni di luglio che arrivavano oggi

Sono tutti italiani e residenti in provincia di Napoli i 6 membri arrestati martedì pomeriggio a San Marcellino mentre stavano preparando una rapina all’Ufficio Postale che avrebbero dovuto compiere questa mattina. Il blitz congiunto degli agenti della Squadra Mobile di Caserta e dei carabinieri ha permesso di portare in carcere Franco Pontone, 57 anni di Sant’Antimo; Francesco Di Spirito, 56 anni di Sant’Antimo; Fabio Puca, 41 anni di Mugnano; Costantino Pietroluongo, 56 anni di Sant’Antimo; Pasquale Pietroluongo, 37 anni di Mugnano; Carmine Ruggiero, 37 anni di Giugliano.

Avrebbero colpito oggi dopo le 8,30 alle Poste

Secondo la ricostruzione della Procura, a capo della banda ci sarebbe stato proprio Ponte, definito il ‘Maradona delle fogne’, colui che le conosceva talmente bene che era capace di arrivare ovunque scavano un tunnel sotterraneo. Proprio quello che avevano fatto per colpire, questa mattina, nell’ufficio postale di San Marcellino. Una tempistica che ha spinto gli inquirenti ad intervenire tempestivamente. Gli indagati, utilizzando un’abitazione ubicata in prossimità, prossimità dell’Ufficio Postale ed avendo realizzato un tunnel della lunghezza di 200 metri nella conduttura fognaria sottostante che terminava al di sotto dell’obiettivo, dopo aver più volte effettuato i necessari sopralluoghi, avevano compiutamente pianificato le modalità esecutive della rapina, da attuale dopo le 8,30 di questa mattina, 24 giugno.

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Volevano sequestrare i dipendenti e la direttrice

Il disegno criminoso, emerso dalle intercettazioni, prevedeva, in particolare, nell’introduzione nell’Ufficio Postale dal sottosuolo, da attuare dopo la consegna del denaro da parte delle guardie giurate, con la pianificazione della successiva apertura della cassaforte da parte della direttrice, previo sequestro di tutti i dipendenti e la loro collocazione, con violenza e minaccia, nei bagni, il tutto garantendosi l’impossibilità di ogni loro comunicazione, sottraendo ogni strumento di comunicazione. Durante la rapina sarebbe stata utilizzata almeno un’arma da fuoco, effettivamente sequestrata nel corso delle perquisizioni operate martedì pomeriggio, così da impedire ogni possibile resistenza da parte dei dipendenti dell’Ufficio postale. Nelle giornate immediatamente antecedenti al fermo, l’associazione per delinquere si era munita dio telefoni cellulari dedicati, di veicoli da utilizzare per la fase esecutiva, tute e strumenti essenziali per la realizzazione delle operazioni finali di scavo e di sfondamento della pavimentazione, in vista dell’irruzione nell’ufficio postale, materiale sequestrato all’atto delle perquisizioni antecedenti all’esecuzione del fermo.

Il colpo rimandato per la pandemia Covid-19

L’organizzazione della rapina, caratterizzata da una elevata specializzazione criminale e dalla previsione di specifici, compiti e mansioni da parte degli autori, è stata connotata da una peculiare attenzione ed ha visto una prolungata stasi per effetto dell’emergenza Covid-19, tanto da essere ritardata per alcuni mesi. L’accesso all’ufficio postale, finalizzato ad impossessarsi dei valori custoditi, sarebbe avvenuto alle ore 8,30 di oggi, dopo l’arrivo del portavalori depositante le pensioni del mese di luglio, avendo poi gli autori pianificato di darsi successivamente alla fuga attraverso il sottostante sistema fognario, prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. A seguito delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, era possibile accertare che i soggetti fermati si erano associati tra loro per commettere una serie determinata di delitti contro il patrimonio, programmando rapine in esercizi di credito e risparmio (come gli uffici postali) mediante la tecnica del buco, utilizzando i cunicoli fognari nei quali scavavano apposite gallerie o fori, onde accedere agli obiettivi prescelti.

Una cassa comune per le spese della rapina

I fermati si erano dati una stabile organizzazione, con accurata ripartizione di compiti e dotazione di mezzi, costituendo persino un fondo cassa comune per sostenere i costi necessari. La programmazione prevedeva l’individuazione dei luoghi destinati a fungere da base di partenza per le operazioni di scavo, in ragione della loro adeguatezza e prossimità agli obiettivi, studiati con attenzione anche mediante plurimi sopralluoghi, nonché una equa suddivisione dei profitti tra sodali, tutti ‘professionisti’ dello specifico ramo criminale. Il tutto dotandosi di apparecchi di comunicazione, veicoli puliti e strumenti atti allo scasso.

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