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Cronaca

I nuovi schiavi: 25 euro per 12 ore di lavoro. Un caporale operava anche nel casertano

I retroscena dell'inchiesta "Rasoterra": 'Rasta' e 'Cafù' reclutavano la manodopera

Venticinque euro al giorno per dodici ore di lavoro nei campi a raccogliere agrumi, sotto il sole cocente o la pioggia battente. Era questa la paga, ben al di sotto delle cifre stabilite dai contratti di lavoro per il settore agricolo, che "Rasta" e "Cafù": i due extracomunitari diventati caporali al secolo Ibrahim Ngom Kader Karfo (rispettivamente senegalese e ivoriano), promettevano ai migranti sfruttati nei campi della Piana di Gioia Tauro che venivano reclutati nella baraccopoli di San Ferdinando. 

Manovalanza a basso costo da sfruttare senza scrupoli. Erano questi i tanti migranti, come riporta ReggioToday, finiti nelle maglie del gruppo griminale smantellato all'alba di oggi con l'operazione "Rasoterra". Un fenomeno criminale che, come specificato dagli investigatori in conferenza stampa, "ha visto nella baraccopoli di San Ferdinando e continua a vedere tutt’oggi, un sostanziale incontro fra domanda e offerta, la domanda che proviene da innumerevoli datori da lavoro che cercano manodopera a basso costo e un'offerta che, invece, è rappresentata dai tanti migranti pronti ad accettare queste condizioni di sfruttamento".

Un'azione di reclutamento "collaudata" che, per gli uomini del questore Bruno Megale, ha visto al centro del meccanismo Filippo Raso: elemento considerato vicino all'ex casato di nrangheta dei Piromalli-Molè, che per tramite dei due caporali - uno dei quali attivo anche a Caserta, dove è stato rintraccioato, ed ad Foggia - riusciva ad ottenere  il reclutamento costante di manodopera "atta ad assicurare esigenze di qualsiasi natura".

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