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Cronaca Casal di Principe

Le armi dei Casalesi dalla guerra di Sarajevo. Schiavone jr tira in ballo anche un pescivendolo

Il pentito: "Le pistole conservate da diverse affiliati. Sono stati sei mesi nascosto in un'abitazione vicino a dove fu ucciso Laiso"

"Il clan ha sempre avuto una buona disponibilità di armi acquistandone sempre in grossi quantitativi quando ve ne fosse la possibilità". A ruota libera Nicola Schiavone, il primogenito del capoclan Francesco Sandokan, che agli inquirenti della Dda di Napoli ha svelato i nascondigli ed i nomi di chi era vicino al clan dei Casalesi per la custodia delle armi.

“Le armi erano custodite separatamente da diversi affiliati come Francesco Barbato (o'sbirr, il suo braccio destro, ndr)”, spiega il figlio di Francesco Sandokan, e  "a loro volta ciascuno di essi (gli affiliati al clan, ndr) aveva la disponibilità di più nascondigli presso soggetti insospettabili che ricevevano per la specifica attività regalie ed opportune somme di denaro".

Presso l'abitazione di uno di questi insospettabili, dove Nicola Schiavone si nascose durante la sua latitanza “per circa 6 mesi dall'agosto del 2009 al febbraio del 2010 in Villa di Briano nei pressi del luogo dove fu ucciso Crescenzo Laiso", lasciò in consegna "una pistola Beretta calibro 9x21 munita di caricatore modificato a 30 colpi".

“Il proprietario dell'abitazione nonché custode per conto del clan in passato aveva avuto o gestito una pescheria sul corso principale di Villa di Briano che da Villa Literno arriva fino ad Aversa”. Un’arma che era vivida nel ricordo del pentito, dato che “il caricatore mi era stato regalato da Pasquale Vargas (killer del clan, ndr) e ricordo che era stato modificato dal carabiniere che fu arrestato per aver trafficato in armi”.

Il tesoro di piombo del clan non sporcò solo la divisa di un maresciallo dell'Arma arrestato per introduzione illegale e detenzioni di armi esplosive e munizioni da guerra, ed un suo collega, un brigadiere in pensione che presso la sua abitazione in campagna nascondeva un arsenale da destinare nelle mani della criminalità organizzata. Molti militari in missione a Sarajevo, in Bosnia, presso il campo militare 'Bit-Mur', vennero coinvolti nel trasporto delle armi che da quello stesso campo venivano introdotte in Italia e smistate nelle case degli insospettabili ma ben ricompensati destinatari.

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