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Cronaca Casal di Principe

Le mani dei Casalesi sugli appalti pubblici, l'imprenditore Iorio torna libero

I pentiti Schiavone e Iovine lo accusano ma il Riesame annulla l'ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari

Torna libero Tullio Iorio l'imprenditore edile accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame che ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari spiccata nei suoi confronti dal Gip Anna Tirone della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

Dall'impianto accusatorio emerge che Tullio Iorio 46enne di Casal di Principe si sarebbe aggiudicato gare d'appalto indette da Pubbliche Amministrazioni in particolare della Provincia di Caserta, Ente alquanto 'permeabile' all'influenza del clan dei Casalesi secondo quanto riferito da alcuni collaboratori di giustizia tra cui Nicola Schiavone ed Antonio Iovine. Pesanti dichiarazioni rese dai pentiti nei confronti dell'imprenditore edile casalese, crollate però dinanzi al Tribunale della Libertà. I magistrati partenopei hanno accolto l'istanza presentata dai legali di fiducia di Tullio Iorio, gli avvocati Ferdinando Letizia e Giuseppe Stellato.

Iorio venne arrestato lo scorso 27 giugno dai carabinieri del Ros insieme ad un altro imprenditore Raffaele Pezzella verso il quale il Tribunale del Riesame ha già concesso la 'libertà'. Il provvedimento restrittivo traeva origine da un approfondimento investigativo condotto tra l'agosto 2015 e settembre 2018 del Reparto Anticrimine di Napoli coordinato dalla Dda partenopea a seguito della conclusione dell'operazione cosiddetta 'Sistema Medea' (giunta a sentenza in appello con gravi condanne per i principali imputati) focalizzato sulle dichiarazioni rese dai pentiti circa il ruolo dei due imprenditori edili ritenuti gravemente indiziati di esser i referenti della camorra casalese (in particolare delle famiglie Russo e Schiavone) per quanto riguarda gli appalti pubblici.

Secondo i riscontri degli inquirenti Tullio Iorio e Raffaele Pezzella avrebbero partecipato attraverso ditte a loro riconducibili a gare d'appalto per la realizzazione e manutenzione di opere commissionate dall'amministrazione provinciale di Caserta con la piena consapevolezza di risultarne assegnatari, anche grazie ad un ex funzionario vicino al clan, nel 'rispetto' di pregressi accordi spartitori tra i vertici stessi del clan dei Casalesi. Una volta che si aggiudicavano i lavori pubblici, i due imprenditori edili avrebbero versato somme di denaro corrispondenti al 10% dell'importo di assegnazione della commessa pubblica alla consorteria camorristica ottenendone così la garanzia per la serena esecuzione delle opere pubbliche.

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