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Servire non servirsi

Servire non servirsi

A cura di Giuseppe Simeone

Si continua a far finta di non vedere Castel Volturno

Le storie di uomini, donne e bambini che cercano di sopravvivere

Continuano anche in questi giorni le tristi storie dei migranti che ascoltiamo dai media nazionali e locali. Noi siamo lontani dalle coste dove avvengono gli sbarchi ma siamo “vicini” a queste tragedie che finiscono purtroppo in alcuni casi anche con la morte. Un terreno scivoloso e un contesto complesso quello che lega le cronache nazionali dei migranti e la nostra provincia di Caserta. Stiamo parlando di Castel Volturno, nome che deriva come è facile capire, dalla presenza su questa territorio di un castello e del fiume Volturno. Ciò che non è facile capire è invece perché ancora oggi molti fingono di non vedere. Basta camminare per le strade di questo comune per un’occasione lavorativa, per scrivere come me questo contributo o semplicemente per andare in una delle spiagge per rendersi conto della difficile realtà sociale che si vive. Gli invisibili che sopravvivono in questa dura realtà sono sia immigrati provenienti da vari Paesi dell’Africa come Nigeria e Ghana sia nostri cittadini: uomini, donne e bambini che vivono in questa striscia di terra.

Purtroppo Castel Volturno è anche tristemente nota per la strage del 18 settembre 2008 in cui degli immigrati furono uccisi dalla camorra. Le problematiche che hanno portato al degrado di questo territorio ricco di spiagge e pinete sono tante, vaste e complesse a differenza delle possibili soluzioni che si vogliono intraprendere per cercare di superare le condizioni di ambiente degradato, di sfruttamento e di povertà. Quando si creano situazioni così complicate la colpa è di tutti, nessuno escluso. Ciò che è difficile da accettare è la continua e costante assenza di soluzioni o di tentativi di voler risolvere le problematiche di questo territorio che si ripercuotono nelle zone limitrofe. Tante sono invece le persone di buona volontà che da anni si impegnano qui per immigrati africani, di altre nazionalità ma anche italiani. Presidi, spazi fisici e di umanità in cui si costruisce insieme la conoscenza e l’integrazione attraverso tante attività di sostegno alla persona e laboratori. Una grande opera di solidarietà, sostegno e accoglienza è svolta in questa striscia di terra sia dal Centro Fernandes, struttura inaugurata nel 1996 dall’Arcidiocesi di Capua all’epoca sotto la guida dell’arcivescovo Mons. Luigi Diligenza, sia dai Missionari Comboniani anche attraverso una onlus. Certo qualche piccolo miglioramento e passo in avanti rispetto al passato è stato fatto ma non è ancora abbastanza.

Il clima di tensione che si percepisce camminando per queste strade è ancora alto e cosa ancora più grave è il vento dell’indifferenza e dell’intolleranza che soffia. Attraverso queste righe spero di aver contribuito anche io nel mio piccolo a tenere alta l’attenzione su tematiche e problematiche che vanno ben oltre la semplice colpa da dare all’immigrazione clandestina fingendo di non vedere uomini, donne e bambini che cercano di sopravvivere.

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