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Giovedì, 25 Aprile 2024
Attualità Mondragone

“A Mondragone non è razzismo, ma disperazione. Salvini? Da ministro ha fatto il vigile del mare…”

Il segretario provinciale del Pd Emiddio Cimmino interviene su quanto accaduto nella ‘zona rossa’

La vicenda di Mondragone è grave: violare la zona rossa è un atto delinquenziale. L’immediata decretazione da parte del presidente De Luca era necessaria per il numero di “asintomatici positivi” (scoperti per caso dopo il parto di una donna) e il focolaio andava bloccato a tutela della salute pubblica e della città di Mondragone. Nello stesso tempo invito gli “sciacalli” a ritornare nei propri nidi: di tutto abbiamo bisogno ma non dei “politici fannulloni e parassiti” buoni solo a fare i “bellilli”. La speculazione politica, particolarmente di chi riveste ruoli istituzionali, è il contrario del bene comune, la salute è un diritto universale che va sempre garantito.

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Mi chiedo: possibile che di questi ex palazzi Cirio nessuno abbia mai visto niente e che un ex ministro dell’interno che, è vero, ha trascorso il tempo a fare il vigile di mare, non abbia trovato uno spazio per fare il suo dovere? Non abbia avuto il tempo per preoccuparsi di queste realtà o di riportare i clandestini nei loro paesi di origine? È ovvio che i cittadini di Mondragone siano esasperati, è una condizione che dura da decenni, ma ricordiamoci anche perché. La Nuova Florida (così definivano alla nascita gli ex palazzi Cirio) è un parco residenziale costruito quarant’anni fa, a due passi dal mare, al servizio dei dipendenti della ex Cirio che con gli sfollati di Pozzuoli iniziò il suo progressivo degrado. Oggi vive lì la comunità bulgara mondragonese impiegata nelle campagne, destinata alle raccolte nei campi, i nuovi schiavi, uomini, donne e bambini per qualche euro all’ora, vivono in quei palazzi in subaffitto, un tanto a posto letto o a camera. Un ghetto al quale è impossibile accedere, un coagulo di miseria umana, sociale ed economica che il Covid ha fatto diventare il pretesto per riaccendere intolleranze mai sopite, anche se il tema Covid a Mondragone non è il razzismo ma la disperazione.

La situazione che vive la città è prima sociale e poi sanitaria. C’è una disperazione intorno a quei palazzi che non distingue tra residenti ed extracomunitari, alimentata negli anni da un conflitto largamente ignorato da forze politiche e istituzioni. Non è razzismo e nemmeno xenofobia, perché gli ex palazzi Cirio sono ubicati non in periferia ma nel cuore della città, attaccati al Viale Margherita, centro del commercio, dove inizia la stagione balneare, altra ferita di questo focolaio improvviso: lì si vive anche del turismo rimasto. Un destino crudele per un territorio dove si può godere la bellezza del mare, delle Terme, di mozzarelle e vino esportati in tutto il mondo. Quei Palazzi ex Cirio non hanno mai goduto delle dovute attenzioni e sono diventati la base operativa per l’indecorosa gestione di forza lavoro extracomunitaria, nel silenzio generale. Più volte i cittadini hanno provato a porre la questione per evitare che il conflitto si trasformasse in ostilità, e nel tempo, con la complicità di chi fitta quelle case per due soldi, la situazione è degenerata. C’è forte preoccupazione per una situazione che può compromettere quello spiraglio di luce, sociale ed economico, che si intravede dopo lunghi mesi di lockdown. Il focolaio di coronavirus, è la conseguenza del degrado che ha trasformato quegli edifici in ghetto. Ci vivono centinaia di persone in condizioni igieniche precarie. Sono braccianti, che lavorano nei campi sottopagati e senza tutele. E i problemi sanitari che ne derivano non riguardano solo loro ma la tutela di Mondragone.

Questo focolaio è la conseguenza di un problema che nasce da lontano, il risultato di una storia che mischia degrado, sfruttamento e lassismo: un ghetto nel centro città, dormitorio per centinaia di braccianti che vivono alla giornata. Una bomba sociale che si può far finta di non vedere, ma prima o poi è destinata ad esplodere, e non riguarda soltanto chi ci vive, ma anche, e forse di più, il resto della cittadinanza. In quei palazzi ci sono bulgari ma anche italiani o persone provenienti dal Sudamerica, dall’Africa, dall’Est Europa in genere. In estate tra quelle mura possono abitare anche migliaia di persone, si appoggiano ai fitti già esistenti, pagando di più e sottobanco ai proprietari degli appartamenti. Sono per lo più braccianti, nei campi fino all’imbrunire, per compensi di qualche decina di euro al giorno, ai quali va sottratta la percentuale per il caporale. Molti lavorano in nero, altri sono sottopagati: condizioni che, in periodo di epidemia, sono ancora più pericolose se vivono in scarse condizioni igieniche e ammassati.

E' evidente che nei ghetti, ovunque si trovino, l’esposizione al virus è maggiore, e che all’emarginazione lavorativa si aggiunge quella sociale. L’unico modo per risolvere la situazione è applicare la legge 199 del 2016, quella contro il caporalato: non basta la repressione, bisogna intervenire sulla situazione sanitaria e alloggiativa dei braccianti, ed ora, col Decreto Rilancio, le Istituzioni e i Prefetti possono intervenire per gli alloggi. È evidente che per un settore strategico come quello dell’agroalimentare sia di fondamentale importanza la tutela della salute dei lavoratori, che sono a contatto col cibo. Risolvere questi problemi non va nell’interesse esclusivo dei braccianti, è una questione di salute pubblica.

Emiddio Cimmino, segretario provinciale del Pd Caserta

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