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Venerdì, 19 Aprile 2024
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La centrale ‘riciclata’: viaggio nel decommissioning del Garigliano | FOTO E VIDEO

Entro il 2026 la Sogin terminerà le operazioni di smantellamento dell'impianto nucleare casertano

In attesa che la politica faccia la sua parte, trovando una soluzione per la realizzazione del ‘Deposito nazionale delle scorie nucleari’, c’è chi di necessità fa virtù. È la Sogin, la società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, che sta smantellando le quattro centrali presenti sul suolo italiano, compresa quella del Garigliano, a Sessa Aurunca.

Il lavoro di Sogin nella centrale

La centrale ‘riciclata’

Nell’Open Gate tenuto dalla società nella centrale nucleare al confine col Lazio, in una ‘operazione trasparenza’ tecnici e amministratori della Sogin hanno infatti mostrato come sta procedendo il lavoro di decommissioning, iniziato nel 2012. Un lavoro frutto soprattutto della cosiddetta ‘Economia circolare’, con il riciclo del 96% dei materiali recuperati dalla centrale per un totale di circa 258mila tonnellate, per lo più metalli e calcestruzzo. Sono solo 3280 infatti le tonnellate di materiale radioattivo destinate allo stoccaggio, tra estero e Italia (in caso solo di bassa o bassissima attività).

Il problema delle scorie radioattive

Più che il decomissioning delle centrali, il problema più grave per l’Italia è il futuro delle scorie attualmente stoccate tra Francia e Inghilterra. Nel 2025 è previsto infatti il loro ritorno, ma senza un deposito nazionale l’Italia sarà costretta a pagare milioni di euro per continuare a conservarle all’estero, una pratica ‘punita’ dalle normative europee. Dalla Sogin sono già arrivate le mappe dei siti idonei al deposito, ovviamente secretate, ma la questione politica sta bloccando da anni ogni discussione in merito. L’unica cosa certa attualmente è che nessun deposito verrà ospitato lì dove erano state costruite le centrali, compresa quindi Sessa Aurunca.

Viaggio nella centrale nucleare del Garigliano

Il programma di decommissioning

Come spiegato da Alfonso Maria Esposito, responsabile Sogin per la disattivazione della centrale del Garigliano, “attualmente stiamo rispettando le tempistiche per lo smantellamento, previste per il 2026, con ulteriori due anni a disposizioni nel caso sorgano problemi”. Dopo lo smantellamento del vecchio camino da 100 metri di altezza, del rotore e dell’alternatore della turbina, avvenuti nel 2017, il prossimo passo è l’addio alla turbina, “previsto per il 2020 – spiega Esposito – dopo che, entro dicembre di quest’anno, sarà terminato il collaudo”.

Proprio i locali in cui attualmente è presente la turbina dovranno ospitare, dopo le procedure di ‘demolizione’, la stazione trattamento dei materiali, necessaria per procedere all’apertura del vessel, il cuore del reattore, e al suo smantellamento. Proprio quest’ultima sarà l’operazione più delicata: “Nel vessel si trova il 99% del materiale radioattivo della centrale – spiega Esposito - non a caso sui 383 milioni di euro che costerà l’operazione di decommissioning della centrale del Garigliano, 100 saranno destinati esclusivamente a questa operazione. Per lo smantellamento del vessel lavoreranno oltre 100 tecnici del gruppo Sogin ed è stimata una produzione di circa 1270 tonnellate di rifiuti radioattivi”.

I rifiuti stoccati nella centrale

Pur non essendo idonea come sede del futuro deposito nazionale delle scorie, attualmente la centrale del Garigliano ospita lo stoccaggio temporaneo di poco meno di 3mila metri cubi di rifiuti a bassissima e bassa attività. “Si tratta ad esempio di tute e materiale protettivo utilizzato dagli operai durante le fasi di decommissioning e di mantenimento in sicurezza dell’impianto – spiega Esposito - ospitati nell’area della centrale già dagli anni ’70”. Questi rifiuti erano stoccati in tre ‘trincee’, profonde circa 40 metri: “La due e la tre sono già state bonificate – precisa il responsabile Sogin - mentre le operazioni per la prima partiranno a breve: a maggio ci sarà infatti la caratterizzazione dei rifiuti”. Le ‘scorie’ a bassa attività sono stoccate nell’edificio ‘Ex diesel’ e nel deposito D1: quest’ultimo, costruito nel 2012, è stato il primo in Italia ad adeguarsi alle nuove normative in vigore dal 2006. “Attualmente – spiega Esposito – ospita la polvere proveniente dal vecchio camino e i rifiuti delle due trincee bonificate”.

Storia e futuro dell’impianto del Garigliano

La centrale nucleare del Garigliano, costruita tra il 1959 e il 1964 su progetto dell’ingegnere Riccardo Morandi, ha continuato la sua attività fino al 1980. All’epoca Enel, proprietaria dell’impianto con la caratteristica sfera a ‘custodia’ del reattore da 160 MW, decise di fermare la produzione di energia dopo il terremoto dell’Irpinia, dati gli alti costi per i lavori di adeguamento sismico della centrale. Una volta ‘raffreddato’ il combustibile, questo venne trasportato in Francia dopo il processamento, garantendo fino all’ingresso nel 1999 di Sogin il mantenimento della sicurezza.

Con la conclusione delle attività di decommissioning prevista nel 2026, è ancora incerto invece il futuro della centrale riportato allo stato di ‘green field’, ovvero a una condizione priva di vincoli radiologici, che consentirà il suo riutilizzo. L’unica certezza è che l’edificio turbina e il reattore a sfera saranno conservati in quanto "patrimonio architettonico" del nostro Paese.

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